Diritti TV: in Lega una pace che costa 30 milioni
Maurizio Beretta dribbla le accuse di Galliani e incassa gli elogi di Agnelli. Il presidente della Juventus difende in assemblea il presidente della Serie A, messo sotto accusa qualche giorno fa dalle big (non tutte) per aver votato sì all’esecuzione della delibera sui bacini d’utenza approvata dalle 15 medio-piccole. “Beretta è stato, è un ottimo presidente, sinonimo di terzietà e garanzia”, l’apologia di Agnelli davanti agli altri presidenti, prima di tessere le fila di un accordo «politico» avviato già dall’avvocato Briamonte e dallo stesso Beretta che ponga fine alla telenovela sui bacini d’utenza, quel 25% (200 milioni) della torta dei diritti tv da suddividere in base alla geografia del tifo.\r\nL’assemblea di ieri è stata interlocutoria, poiché proseguirà venerdì mattina. Ma nei fatti sono state poste le basi per un’intesa, proprio nel giorno in cui l’Alta corte di giustizia del Coni ha fissato per lunedì la camera di consiglio per l’esame del ricorso di Inter, Juve, Milan, Napoli e Roma, teso a invalidare la delibera del 15 aprile. I club, ritrovata la serenità, lavoreranno per archiviare le rivalse giudiziarie e se tutto andrà bene, lunedì le controparti si presenteranno nella Capitale, davanti ai giudici, chiedendo di sospendere tutto, giusto il tempo necessario per definire l’accordo. Tutti quanti hanno compreso che il giocattolo stava per rompersi per davvero e che, per usare le parole di Beretta, “solo con il buon senso e il dialogo si poteva arrivare a una soluzione”.\r\nUn anno fa il d.g. della Lega, Marco Brunelli, aveva preparato una tabella con le simulazioni di tutte le ripartizioni (il 40%in parti uguali, il 30% in base ai risultati sportivi, il 30% attraverso i bacini d’utenza di cui il 5% conteggiando la popolazione dei comuni di appartenenza delle squadre): fatte salve le incontrovertibili statistiche demografiche dell’Istat, quel 25% legato al tifo assegnava 166 dei 200 milioni a Inter, Juve, Milan, Napoli e Roma. Da qui, la concessione di ieri delle big: ci priviamo di 30 milioni e li diamo a voi quindici. Che, in ordine sparso, hanno annuito. A quel punto si configurerebbe una ripartizione più equa, sicuramente molto vicina ai valori delle ricerche demoscopiche allargate, quelle che includono il tifo per una seconda squadra e i dati dell’Auditel. Il fronte delle quindici dovrebbe, a questo punto, dire di sì, anche se qualche presidente esprime adesso un timore: come facciamo a metterci d’accordo su come spartirci questi 30 milioni? Nei prossimi giorni la bozza d’intesa sarà al centro di colloqui informali tra i club, in attesa dell’assemblea di venerdì. L’idea, comunque, è di includere nel pacchetto tutte le problematiche che da alcuni mesi stanno paralizzando l’attività della Lega. Per esempio, le linee guida della commercializzazione dei diritti tv per i nuovi bandi di gara, dal 2012 in poi: le big vogliono che le immagini correlate (interviste pre e post partita, telecamere negli spogliatoi, per un valore vicino ai cento milioni l’anno) tornino a essere individuali; le 15 rispondono sostenendo che, secondo la Legge Melandri, bastano i tre quarti dei voti assembleari per mutare le percentuali di ripartizione dei proventi, magari innalzando la quota da dividere in parti uguali. Ma è proprio la “dittatura della maggioranza” che le big contestano, aprendo il fronte della governance della Lega: è arrivata l’ora di rivedere lo Statuto e introdurre il voto ponderato, affinché il 15-5 (medio-piccole contro grandi) non sia una costante.\r\n\r\nCredits: Gazzetta