Diritti TV: batosta alla Juventus dopo il conteggio dei tifosi, meno 13 milioni di introiti. Agnelli: “Lotteremo al fianco di Inter e Milan”

Sono arrivati ieri sera sul tavolo delle venti società di Serie A gli attesissimi risultati delle ricerche demoscopiche commissionate a tre istituti (Doxa, FullSix-Crespi e Sport+Markt) dalle 15 medio-piccole. Quel 25% della torta dei diritti TV legato ai bacini d’utenza e pari a 197 milioni di euro è stato finalmente definito, anche se sub judice, visto il ricorso pendente davanti all’Alta corte di giustizia presentato dalle cinque grandi (Juventus, Milan, Inter, Napoli e Roma) e la richiesta di sospensiva rivolta al Tribunale civile di Milano. Le big, infatti, non hanno mai digerito i criteri di definizione dei bacini d’utenza adottati a maggioranza dall’assemblea del 15 aprile. Calcolando non semplicemente il tifoso classico, quello che parteggia per una sola squadra, ma anche gli appassionati che simpatizzano per un secondo club e l’audience televisiva, le differenze si riducono. Con un impatto forte sulla ripartizione dei proventi.\r\nCome le grandi temevano, ne escono penalizzate. Su tutte le Juventus. La squadra bianconera, si sa, è la più amata d’Italia: i sondaggi sulla geografia del tifo le accreditano circa il 27% dei tifosi della Serie A, ma le nuove e più composite ricerche, riducono la sua fetta di torta al 19%. Così, se nella stagione 2009-10 la Juve ha incassato in totale dai diritti tv 88 milioni, nell’ultimo campionato scenderebbe a 75,1: un rosso da 13 milioni. Milan e Inter perderebbero rispettivamente 9 e 8 milioni.\r\nDiscorso completamente diverso per le altre big: il Napoli, grazie a una quota dei bacini vicina al 10%, arriva a superare i 50 milioni di entrate dai diritti tv, 8 in più rispetto a un anno fa. Altrettanti ne guadagna la Roma, che si avvicina al tetto dei 60. Più in generale, il ritorno alla contrattazione collettiva dei diritti porta benefici alla classe media della Serie A: dalla Fiorentina al Palermo, dall’Udinese alla Lazio. La Juve non può accettare una perdita di queste dimensioni, ma Napoli e Roma si smarcheranno? Quanto alle medio-piccole, ci sarà una resa dei conti tra falchi e colombe?\r\nDomani è in programma l’assemblea di Lega. Se si vorrà trovare un accordo, bisognerà lavorare sugli indici di ponderazione delle ricerche demoscopiche, riducendo il peso degli ascolti tv (ora valgono un terzo). In tutto questo la ventina di milioni venuti a mancare per il fallimento di Dahlia non fa che complicare le cose.\r\n\r\nIn merito alla nuova ripartizione dei diritti TV, era intervenuto anche Andrea Agnelli, che giovedì ha rilasciato questa intervista alla Gazzetta, nei suoi uffici.\r\n\r\nPresidente Agnelli, siamo alla vigilia di un’altra delicata assemblea di Lega. All’ordine del giorno i diritti tv.\r\n“E il problema riguarda sempre la ripartizione dei diritti in tv in base al bacino d’utenza”.\r\n\r\nProblema insormontabile? Per il post 2012, club comePalermo e Udinese chiedono che nei parametri rientri anche la meritocrazia.\r\n“In assemblea di Lega si parlava di tifosi. Se vogliamo premiare la meritocrazia, io lo condivido anche. Però, se dobbiamo redistribuire le risorse in base alla meritocrazia, allora bisogna considerare anche la storia dei club. Noi abbiamo vinto 29 scudetti, il Milan 18 e l’Inter non so (sorride, ndr)… Ci sarà un motivo se queste tre squadre mettono insieme il 70% dei tifosi. Abbiamo pianificato dei budget, non si possono cambiare le carte in tavola”.\r\n\r\nQuindi?\r\n“Se la mia quota iniziale con quel principio di ripartizione era X e tu mi cancelli la storia, facendo sì che io corra un rischio X-Y, allora voglio avere una ripartizione meritocratica che permetta anche alla Juventus di avere X+Z, di andare insomma oltre alla cifra iniziale. Ognuno deve rischiare, quindi anche le altre devono rischiare di avere X-Y”.\r\n\r\nIntanto, il nostro calcio perde appeal.\r\n“In effetti, rispetto all’Inghilterra, oggi sono soprattutto i diritti esteri a fare la differenza. Dobbiamo decidere dove si vuole andare. Qual è l’obiettivo del calcio italiano? Inseguire l’eccellenza in Europa o restare più provinciali?”.\r\n\r\nSe si vuole l’eccellenza?\r\n“Bisogna permettere alle squadre che di solito fanno le coppe di avere i mezzi per vincere. Solo così si cattura l’interesse di altri mercati. Una volta scelta la strada dell’eccellenza andrebbe creata una Lega più manageriale. Qual è per esempio la nostra politica sui mercati esteri? Si vuole il mercato cinese e poi non si va a giocare lì la Supercoppa, o si va come quest’anno per forza. Capisco che in un determinato momento della stagione sia anche logisticamente difficile pianificare una trasferta a Pechino, però…”.\r\n\r\nServe quindi un salto di qualità a livello di vertici della Lega?\r\n“Prima chiariamo i nostri veri obiettivi, e se si decide per l’eccellenza a livello internazionale allora sì che servirebbe un salto di qualità dal punto di vista manageriale. Occorrerebbe poi andare forti sulla Federazione. Non è possibile avere una Figc dormiente. L’altro giorno Carraro ha detto: “I 10 milioni per la Lega dilettanti prendeteli dalla A…”. Cioé, c’è un meccanismo di mutualità che è assurdo. E ancora: è giusto avere 127 squadre professionistiche? Dalle altre parti ne hanno 60-80. E la giustizia sportiva funziona davvero? Ogni tanto risponde, ogni tanto non risponde. Bisogna avere una comunità di intenti come Lega di A, che è carro trainante. Un carro trainante che vuole eccellere in Europa”.\r\n\r\nIn questo senso c’è compattezza fra le grandi storiche?\r\n“Posso garantire che Juventus, Inter e Milan sono molto compatte”.\r\n\r\nCredits: Gazzetta dello Sport