Dignità e amor proprio: due concetti sconosciuti ad Antonio Conte

Il calcio delle bandiere è un ricordo sbiadito, retaggio d’un tempo lontano anni luce dalla nostra epoca. Nell’era dell’iper professionismo sono i soldi a orientare le scelte di giocatori e allenatori, dunque nessuno stupore nel vedere Antonio Conte sulla panchina dell’Inter. Il tecnico salentino è prima di tutto un professionista e per questo è libero di accettare le proposte che più lo allettano e lo soddisfano, persino quella degli ormai ex acerrimi nemici nerazzurri. Quel che Conte ha compiuto, da giocatore prima e allenatore poi, alla Juventus non potrà mai essere cancellato: le gesta, i gol, i trofei restano, ma le parole se le porta via il vento e le opinioni, inevitabilmente, cambiano.

Chi credeva Antonio Conte juventino nel cuore e nell’anima, come per altro lui per primo si era sempre fieramente proclamato, sarà stato costretto dall’evidenza a rassegnarsi al fatto che in realtà non lo è mai stato. Non spetta a noi, per carità, assegnare patenti di juventinità o revocarle, ma quando cedi alle lusinghe di chi ti ha infamato e ha sputato sul tuo lavoro, mettendo in dubbio la tua professionalità e, ancor peggio, la tua onestà, beh, allora diventa impossibile credere che tu sia chi dicevi di essere. Che siano 12 milioni di euro o trenta denari, cambia poco: i soldi possono comprare tutto, ma non la dignità e il rispetto verso sè stessi.

Quelli che oggi accolgono esultanti Antonio Conte, indicando in lui il Messia che risolleverà le sorti dell’Inter, sono gli stessi che lo additavano come dopato, ladro e scommettitore incallito ai tempi della sua militanza juventina. Forse, però, Conte di questo si è scordato oppure semplicemente non gli importa… Non gli importa della sua dignità calpestata, non gli importa più oggi se i successi raccolti sul campo in maglia bianconera col sudore della fronte vengono messi in dubbio o persino negati… I soldi aiutano a dimenticare… Lo avevano aiutato a dimenticare anche in passato… A caldo dopo l’infamante squalifica comminatagli nel 2012 dalla giustizia sportiva, gridò all’Italia intera e al mondo che mai più avrebbe avuto a che fare con ‘quelli lì’ (la FIGC), che lo avevano condannato ingiustamente, senza lo straccio di una prova. Quando poi però quelli lì avevano bussato alla sua porta sventolandogli sotto il naso un assegno da 4,5 milioni di euro netti a stagione, lui fu ben disposto ad aver di nuovo a che fare con loro, alla faccia della condanna ingiusta e della coerenza! Del resto, di dignità e amor proprio non si campa, invece coi soldi… Dignità e amor proprio, due concetti evidentemente sconosciuti ad Antonio Conte.