Diego bianconero già da due anni. I retroscena

La Juventus ha cercato il confronto e l’ha retto, senza spaventarsi per il 4-0 dell’Inter nel derby e anzi respingendo la paura al mittente. “Penso che si siano impressionati”, ha ammesso Ferrara dopo il prepotente 3-1 dell’Olimpico e, soprattutto, dopo avere già sdoganato Diego, dopo appena 180′ di campionato, nella categoria dei fuoriclasse. “Ha sorpreso anche me”. Ma non ha sorpreso la Juve, che fiutava da due anni le tracce del fantasista (termine riduttivo: non è soltanto mossette e colpi di tacco) brasiliano, che nel frattempo stava trasformando il Werder Brema da una squadra normale a una che andava alla caccia di coppe e scudetti. Il bello è che sono due anni che anche Diego pensa alla Juventus.

Nell’estate del 2006, prima che il paulista partisse per le Olimpiadi di Pechino, il suo staff già si guardava attorno per capire quale sarebbe stato il club che l’avrebbe definitivamente consacrato. Formazioni e informazioni alla mano, lui, suo padre e i suoi più stretti collaboratori (Diego ha un procuratore, un addetto stampa e un clan nutrito e assai presente) ragionarono a tavolino su tutte le più importanti società d’Europa. Scartarono subito l’Inghilterra, considerata poco adatta alle sua caratteristiche, troppo ingessata sul 4-4-2 o sul 4-3-3. Pensarono alla Spagna, ma tra Real e Barcellona i fantasisti abbondavano. In Italia, il suo posto al Milan era occupato da Kakà e nell’Inter non si pensava che Mourinho si aprisse all’idea del fantasista. Così si concentrarono sulla Juve, sapevano che Nedved non sarebbe durato in eterno e arrivarono alla conclusione che era proprio quello il posto che avrebbero scelto. Sono stati ricambiati. Fu Ranieri a dare il via libera all’operazione Diego, ideata da Alessio Secco. Quando si decise di rimpiazzare Nedved il tecnico fece subito il nome di Ribéry, l’unico, a suo giudizio, in grado di rimpiazzare il ceco mantenendo inalterato lo storico 4-4-2. Si capì però in fretta che il Bayern non avrebbe ceduto il suo fuoriclasse, si valutarono e poi scartarono le alternative (lo spagnolo Silva, soprattutto, considerato non all’altezza), e si decise di puntare dritto su Diego, programmando con largo anticipo il cambiamento del modulo. Ferrara ha raccolto il frutto di quel lavoro e su Diego non ha mai avuto esitazioni, mentre il brasiliano è uno dei motivi per cui sulla panchina bianconera oggi si siede Ciro, e non Conte: l’ex allenatore del Bari venne bocciato perché non esitò a spiegare che nella sua formazione ideale Diego avrebbe fatto la seconda punta. Lui voleva due esterni offensivi (Walcott e Robben, le sue predilezioni) e un centravanti possente, alle spalle del quale avrebbe sfruttato la fantasia del brasiliano. Il progetto non convinse Secco e Blanc. E fu la fortuna di Ferrara. Anche secondo il “suggeritore” Lippi, per altro, il miglioramento della Juventus sarebbe passato soltanto attraverso l’innalzamento del tasso tecnico, poiché sul piano strettamente atletico l’Inter sarebbe rimasta superiore e inavvicinabile.

È dunque Diego la minaccia che i bianconeri agitano sul campionato. “Vinceremo lo scudetto”, ha assicurato Amauri. “Siamo da scudetto”, è stato più prudente Melo, mentre Ferrara ha seminato la sua esperienza: “A noi interessava avere delle risposte, perché d’estate si è detto molto di noi, ma erano appunto soltanto parole. Sapevamo di avere una squadra forte e dei giocatori forti, ma adesso abbiamo rafforzato le nostre convinzioni”. Si sarà impressionato, Mourinho?