Il male di questa Juve è oscuro quanto il suo destino. E’ come se i giocatori, tutti, avessero in testa altro. Ognuno si impegna a suo modo, svolge il compitino, ma la sensazione, forte, è che ciascuno reciti solo una parte per raccogliere l’approvazione o il consenso momentaneo. Nessuno ci crede davvero. Sempre pronti a distrarsi, sempre incerti, sempre sul punto di regalare l’imprevedibile. E’ inutile cercare il raziocinio nelle prove della Juve: non c’è. Chi pensa al Mondiale, chi al rinnovo di contratto, chi all’ennesimo infortunio. Poi c’è il permaloso, lo scanzonato, il fatalista, l’intoccabile. Insomma ce n’è per tutti i gusti.\r\nE la squadra? Il povero Zac cerca in tutti i modi di crearla, ma è un’impresa titanica. «Nella mia carriera non avevo mai subito una cosa del genere», commenta sconsolato l’allenatore riferendosi all’incredibile rimonta del Siena. Giustissimo. E Zac ha girato tanto, vincendo anche (è l’unico tecnico arrivato nell’era post-calciopoli ad aver conquistato lo scudetto). Proprio per questo motivo a fine stagione, comunque vada, anche se la Juve dovesse conquistare Europa League e acciuffare il terzo posto in campionato (stiamo dicendo terzo posto!), si aprano le porte dello spogliatoio e si intervenga radicalmente. Ci sono giocatori che non possono più indossare la maglia della Juve, altri che vanno recuperati, altri ancora ai quali va fatto un discorso chiaro. Qualcuno riesce a spiegarci l’abbraccio caloroso tra Cannavaro e Malesani a fine partita? Forse sbagliamo noi, ma uno che gioca nella Juve e si fa recuperare tre gol in casa dalla squadra ultima in classifica non può uscire dal campo con quello spirito. Il capitano della Nazionale ceda pure la platea a un Malesani abituato a lasciarsi andare a facili eccessi (in positivo o in negativo), però certi atteggiamenti ci appaiono singolari. Possibile che nessuno provi un tantino di vergogna o di mortificazione? E, soprattutto, mostri contegno dopo una partita così sconcertante? Basta con tante smancerie, una stretta di mano è più che sufficiente prima, ma a maggior ragione dopo. In una competizione sportiva la rivalità è il sale dell’agonismo. E nessuno tiri in ballo la storia del professionismo, parola che fa rima con menefreghismo ed egoismo.\r\nInutile chiedere l’aiuto del pubblico se poi questo è il risultato. I fischi sono più che legittimi, ci mancherebbe. C’è ancora un palo che trema. La Juve, ieri, ha rischiato persino di perdere: come si fa a non andarsi a nascondere?\r\n\r\n(Di Paolo De Paola per Tuttosport)