C’era un sogno che si chiamava Juve e nella scorsa estate Andrea Agnelli ha provato a realizzarlo. Ma non è questa la Juve che tutti si aspettavano. Non è questa. Doveroso separare il bene dal male, però sarebbe un delitto non porre rimedio agli errori diventati orrori.\r\nLa società è partita da un presupposto giusto: rifondare una squadra prosciugata nelle motivazioni, essiccata nello spirito, svilita dal tempo. Si doveva agire su ferite diventate croste purulente: giocatori pagati come sceicchi (Melo, Diego, Amauri, Poulsen) e giocatori che sognavano di chiudere da sceicchi (Cannavaro e Grosso) tanto per fare alcuni esempi. Ma anche uomini silenziosi e permalosi (Zanetti) o perennemente infortunati (Iaquinta). E i leader? Quelli che si fanno capire anche con un solo sguardo. Nessuno ha notato il loro peso, sempre chiusi nella propria torre o rivolti alla curva adorante. Inserire un paio di giocatori all’anno in un ambiente simile avrebbe bruciato chiunque. Per non parlare di altri acquisti scellerati o di focacciate con Lippi diventate subito un comodo alibi per chi non aveva la stoffa per allenare una squadra polveriera nello spogliatoio e frustrata nelle velleità di vittoria. In questi anni sono usciti di scena Nedved, Camoranesi, Trezeguet, il prossimo sarà probabilmente l’ultimo per Del Piero. Una Juve è inesorabilmente, definitivamente, finita. Una nuova dovrà nascere. Ma bisogna capire bene i mali prima di affrettarsi in diagnosi buone per ogni stagione.\r\n\r\nE qui torniamo alla proprietà Elkann/Agnelli. Il programma ipotizzava un rilancio in due anni, con (almeno) la qualificazione in Champions al termine della prima stagione. Con ragionevole serenità possiamo dire che il primo obiettivo è fallito. Agnelli si è fidato di Marotta. Il piano prevedeva un abbattimento degli ingaggi, un forte impulso alle cessioni, una poderosa campagna acquisti, l’arrivo di almeno un paio di campioni e quei giocatori di fascia tanto graditi a Del Neri. Purtroppo gli esterni di difesa sono un disastro: Traorè, Grosso, Grygera, Motta, De Ceglie e Sorensen. Per carità di patria e per le attenuanti (infortuni ed età) salviamo gli ultimi due, ma ci domandiamo anche: sono da Juve? Fra scelte sbagliate ed errori preesistenti, questo è il principale atto d’accusa del mercato, al quale, però ne vanno aggiunti almeno altri due: Martinez (scadente e pagato un’enormità) e il mancato arrivo (se non a gennaio) di un attaccante in grado di fare la differenza. Salviamo Aquilani, Matri (arrivato in ritardo e pagato più del dovuto), Krasic e il povero Quagliarella. Restiamo ancora molto perplessi sulla indisciplina tattica e non di Melo, sulle mancanze di alternative agli esterni d’attacco e su un settore centrale ancora da equilibrare.\r\n\r\nInsomma, i difetti sono tanti. Ma nonostante tutto riteniamo che con questi stessi elementi si potesse fare di più. Napoli, Lazio e Udinese non hanno un peso specifico (analizzando tutta la rosa) superiore però esprimono gioco convincente e risultati positivi. E’ chiaro, lampante, evidente che non si può fare una rivoluzione all’anno. Però bisogna rimediare. Le ipotesi sono tre: 1) Agnelli ha sbagliato a fidarsi di Marotta 2) Marotta ha sbagliato campagna acquisti e/o allenatore 3) Del Neri ha sbagliato impostazione e gioco. Agnelli è presidente, spetta a lui trovare una soluzione. Con pochissime alternative. Se ha sbagliato Marotta si deve cambiare il progetto e ricominciare daccapo. Se, invece, buona parte di questi giocatori (Buffon, Marchisio, Chiellini, Bonucci, Melo, Krasic, Aquilani, Quagliarella, Matri) possono far parte del progetto futuro e si procederà a una seconda, massiccia operazione di rafforzamento nella prossima estate allora il colpevole è l’allenatore. Ma che senso avrebbe tenere per queste ultime dieci partite un tecnico delegittimato? Affidarsi a un’altra guida è quasi obbligatorio per non perdere almeno quel trenino che porta all’Europa League.\r\n\r\n(Di Paolo De Paola per il blog del direttore di ‘Tuttosport’)