C’è una frase che ci è rimasta impressa all’inizio dell’avventura di questa nuova Juve: «Stiamo costruendo una squadra in grado di vincere contro chiunque». La proferì il neo presidente Andrea Agnelli il giorno della presentazione. Vero, verissimo: Milan, Lazio e Inter sono lì a dimostrarlo. Ma oggi, dopo 26 giornate di campionato e dopo aver dato una veste compiuta al lavoro svolto, quella frase può essere completata con la seguente constatazione: la Juve è anche una squadra in grado di perdere contro chiunque. Ma proprio chiunque.\r\n\r\nLa sconfitta di Lecce segna il punto più basso e forse di non ritorno della gestione Del Neri. Perdere contro una squadra decimata dalle squalifiche (fuori Giacomazzi, Gustavo, Jeda, Olivera) e in lotta per non retrocedere, diventa inaccettabile per quanto sgradevole possa risultare questo termine, dovendo parlare di un confronto calcistico. Inaccettabile la Juve scesa in campo a Lecce; inaccettabile lo spirito con il quale si è battuta soprattutto quando è stata in parità numerica all’inizio e dopo l’espulsione di Vives; inaccettabile il ripetersi di situazioni simili (era accaduto anche contro il Parma alla ripresa dopo la sosta natalizia); inaccettabile l’amnesia collettiva della difesa; inaccettabile lo smarrimento globale di una squadra che non riesce a riappropriarsi della propria identità come se facesse uno sforzo sovrumano per battere le avversarie del proprio rango e poi, svuotata di ogni energia, si abbattesse nell’oblio settimanale perché il successivo confronto, magari con squadre meno nobili, non ha importanza.\r\n\r\nMa come è possibile? Questa è una mentalità provinciale e, ragionando così, non si raggiunge nessun traguardo. La colpa è di chi non riesce a tenere sulla corda ora perora, giorno dopo giorno, una congrega di giocatori che ha la fortuna di indossare la maglia bianconera e che non riesce a diventare squadra. Sentirsi appagati dopo ogni piccola e insignificante soddisfazione senza invece migliorare i tanti difetti è sintomo di approssimazione ai limiti del dilettantismo. Qui stiamo parlando di Juve, signori! Ci rivolgiamo all’allenatore, ma anche ai dirigenti. Ci sono troppe aspettative sulla rinascita della Juve e non si può continuare all’infinito a produrre sforzi che non approdino a nulla. Abbiamo seguito con attenzione la rivoluzione della scorsa estate perché siamo stati testimoni dei tanti errori del passato. Sappiamo che proseguirà nella prossima. L’abbiamo accompagnata nell’incerto avvio come nell’incedere caracollante, ma adesso si è passato il limite della pazienza: si intervenga prima che sia troppo tardi, anche se ci aspettiamo dalla società una fisiologica difesa del tecnico.\r\n\r\nSì, perché la nostra critica maggiore è rivolta proprio a lui. Il tracollo di Lecce gli va messo in conto, non ha attenuanti. Ieri ha sbagliato approccio alla gara e scelte (perché togliere Krasic rinunciando alle fasce su cui ha costruito il suo credo?). A Del Neri riconosciamo dedizione al lavoro, ma evidentemente non basta con la Juve. Il tecnico è preso dalla foga di far bene. Legittima e comprensibile, però qui è in gioco altro e vanno spese, forse, altre qualità. Come quelle di Spalletti (anche se per qualcuno sono “minchiate”)? La giornata di ieri porta i bianconeri a meno sette dal quarto posto. A dodici turni dalla fine non era questo l’obiettivo della stagione.\r\n\r\n(Di Paolo De Paola – visita il blog del direttore di ‘Tuttosport’)