Giorgio Chiellini, 33 anni, è ormai considerato uno dei difensori più esperti a livello internazionale. Protagonista di tante battaglie, in questi giorni il centrale toscano sta decidendo se tornare ancora in nazionale o confermare la decisione annunciata nel post partita di Italia-Svezia, ossia quella dell’addio. Intanto, Chiellini è stato oggi protagonista dell’evento “Randstad Next” all’Allianz Stadium e dedicato all’orientamento post-carriera degli sportivi.
“Dieci anni fa ero più veloce, più esplosivo rispetto a oggi, ma ero anche infinitamente più scarso”, ammette il difensore centrale della Juventus. “Ho giocato nelle selezioni regionali, nelle Nazionali giovanili dall’Under 15 alla maggiore. Ero sempre il più ‘bruttino’, sgraziato, scoordinato, grezzo. Poi mi rivedevano tempo dopo ed ero migliorato. Nella mia carriera – continua – ho conosciuto tanti talenti che a 17/18 anni non hanno fatto sacrifici e non sono mai diventati i campioni che avrebbero potuto essere. L’importante è provare a dare sempre il meglio di sé”.
Leader silenzioso dello spogliatoio, Chiellini sa cosa significhi oggi stare in una squadra moderna, in cui ci sono nella maggior parte dei casi professionisti provenienti da ogni angolo del globo.
“Lo spogliatoio di una squadra è simile a una multinazionale: è fondamentale integrare gli altri accettando comportamenti che sono lontani dalla nostra cultura: su alcuni aspetti noi italiani siamo più rigidi e musoni del ‘toda joyà che vivono altre culture. L’equilibrio dello spogliatoio – insiste – è fondamentale, specialmente adesso che è multietnico, la parte italiana rappresenta il 33%. Integrare al meglio ogni etnia, cultura, è difficile ma dà risultati enormi”.
Di campioni ne ha visti tanti, avversari e compagni, da ciascuno ha imparato qualcosa. I fuoriclasse, hanno sempre da insegnare, dentro e fuori dal campo.
“Il fuoriclasse è colui che fa giocare bene chi sta vicino a lui: Pirlo e Buffon, oltre a qualità tecniche indescrivibili, fanno e facevano crescere in campo e fuori i compagni. È fondamentale riuscire a lavorare con gli altri, senza creare gelosie, cercando di far migliorare la squadra. Pirlo e Buffon – conclude – hanno quel carattere e quella personalità che permettono a chi sta loro vicino di crescere”.
Giornata di interviste anche Medhi Benatia, che ha parlato a Sky Sport e Premium Play del suo ritorno all’attività agonistica dopo quasi un mese di stop.
“Mi sento molto meglio, sono stato fuori quasi 4 partite. Approfitto per ringraziare lo staff medico, potevo anche essere convocato per il Benevento ma mi ero allenato poco. Ringrazio davvero quello che ha fatto la Juventus per me, non potevo saltare la partita con il Marocco visto che sono anche il capitano. Ora – continua – mi sento bene, ho voglia di ripartire con la squadra”.
Dopo tanti trofei con le squadre di club, Benatia ha conquistato il suo primo Mondiale con il Marocco. Perfino il re in persona gli ha telefonato per complimentarsi.
“È stato il momento più bello della mia carriera. L’ho detto ai miei compagni: si ho avuto, in questi anni, la possibilità di vincere diversi trofei sia con il Bayern sia con la Juve però fare questo regalo al mio paese, questa qualificazione ai Mondiali vuol dire tanto. Vivendolo da capitano si sente ancora di più, è stato un momento davvero molto bello. Ogni mattina mi alzo e penso a questo, in Marocco si vive di calcio: si è fatta festa grande per questa qualificazione. Qualificarsi dopo 20 anni – ha proseguito – è veramente motivo di soddisfazione e orgoglio, dobbiamo essere veramente fieri di noi. Quando sono tornato ho visto che Gigi era veramente felice per me, mi ha fatto piacere. So che ha vissuto momenti difficili, come tutti gli altri italiani. Anche io sono rimasto molto deluso per loro. Lui e tutto la società mi hanno fatto i complimenti per questo traguardo: si sente che facciamo parte di una famiglia, mi ha fatto molto piacere”.