Vi scrivo mentre ancora deve concludersi il primo tempo della gara tra Cagliari ed Inter. Eto’o ha appena segnato un gol meraviglioso, da attaccante meraviglioso quale è. A prescindere dal risultato, però, da questo pomeriggio si parlerà (giustamente) solo di un episodio, davvero brutto. Cito la cronaca live della Gazzetta dello Sport.\r\n
La gara è stata sospesa dopo appena 3 minuti di gioco dall’arbitro Tagliavento dopo che dalla Curva Nord, occupata dagli ultras cagliaritani, sono partiti i buu razzisti all’indirizzi di Eto’o. L’arbitro ha subito fermato il gioco, convocato i capitani in mezzo al campo e invitato lo speaker dello stadio a ricordare al pubblico che in caso di cori razzisti la partita verrà sospesa. Dopo poco, circa tre minuti, il gioco è ripreso.
\r\nIl Camerunense ha risposto allora nell’unico modo davvero efficace: con un gol. E con un’esultanza, già mostrata in passato in Spagna, provocatoria: imitando una scimmia. A lui va la solidarietà di tutta la redazione del blog, che non ha mai accettato (lo sapete, è tutto scritto) il razzismo (neanche quello dei tifosi bianconeri), e mai lo accetterà. E solidarietà pari va alla ex compagna (cagliaritana) e alla figlia, che l’attaccante interista – ambasciatore Unicef nel mondo – non ha mai voluto riconoscere.\r\n\r\nC’entrerà qualcosa con la contestazione? Lo scopriremo. Ad ogni modo, però, alcune cose vanno aggiunte sul tema razzismo.\r\n\r\nPrimo: come già detto l’anno scorso nei confronti degli juventini, i cori razzisti non devono essere usati neanche come “strumento”. E’ sbagliato, punto e basta.\r\n\r\nSecondo: nulla di personale contro il Cagliari calcio, la gente di Cagliari, la Sardegna, la parte buona (la stragrande maggioranza) della tifoseria rossoblu, però è – vado a memoria – la terza volta, dall’anno scorso, che gli ultras finiscono in prima pagina per atteggiamenti, cori e insulti razzisti nei confronti di giocatori avversari. E gli altri non avevano figli da cagliaritane come (presunta) “colpa”. L’anno scorso era toccato infatti a Luciano, del Chievo e, a novembre, anche al nostro Momo Sissoko. I cori contro lo Juventino, in particolare, seguivano temporalmente i “casi” di Udine e Bordeaux, con parte della tifoseria bianconera impegnata nell’insultare il nerazzurro Balotelli. Si minacciò di punire la Juventus per responsabilità oggettiva, di sospendere le partite, addirittura di dare partita persa a tavolino. Ma l’ipocrisia italiana la conosciamo tutti, e a Cagliari nè l’arbitro, nè lo speaker, nè i giocatori in campo ritennero di dover fare qualcosa per stoppare 90 minuti di insulti. Scrissi allora: “Momo ha un colore che lo accomuna a Balotelli: il nero. L’altro (l’azzurro) no. Non vorrei fosse questa la vera discriminazione”. Frase che mi è toccato confermare quando, qualche mese dopo, ad aprile, i cori furono intonati addirittura da San Siro, dai tifosi interisti, quelli che si scandalizzavano. Anche in quel caso usai un titolo forte, ma sincero: “Fratello Momo, a nessuno gliene frega un ca**o di te!”, notando la totale indifferenza dei giocatori interisti e in particolare di capitan Zanetti, che aveva promesso di sospendere il match se si fossero verificati cori razzisti. Evidentemente si riferiva esclusivamente a quelli diretti ad un suo compagno.\r\n\r\nE allora, al solito, massima solidarietà per Eto’o. Massima condanna per quanto accaduto. E, a prescindere dalle ragioni di tifo e di classifica, la gioia per la sua vendetta sportiva è grande. Però togliamo via la maschera di ipocrisia. Se davvero vogliamo combattere il fenomeno, è il primo passo.\r\n\r\n(Di Antonio Corsa con la collaborazione di Mirko Nicolino)