Caro Palombo, che fine ha fatto l’indignazione?

Ricevo e pubblico integralmente la lettera che l’amico Mauro Vandali ha inviato nella giornata di ieri al vicedirettore della ‘Gazzetta dello Sport’, Ruggiero Palombo, in seguito ad un suo editoriale in cui parla dell’ormai celeberrimo scudetto di cartone (lo trovate in forma integrale in calce). Palombo, ovviamente, parla di coinvolgimento dell?inter in Calciopoli (e ci mancherebbe che negasse ancora), pur rimarcando alcuni aspetti: 1 le telefonate di Facchetti e Moratti non sono della stessa gravità di quelle di Moggi (è vero, mi viene da aggiungere, sono molto più gravi caro Palombo, e poi ci sono le frequentazioni con arbitri in attività…); 2 i reati eventuali dell’Inter e dei suoi tesserati sono tutti prescritti (qualcuno lo informi che con l’articolo 39 – ma qualcuno deve richiederlo – il processo sportivo ricomincia da zero e la prescrizione va a farsi benedire). Vi lascio, comunque, alla missiva dell’amico Mauro.\r\n

“Egregio Vicedirettore,\r\nho appena letto il Suo editoriale sulla revoca dello scudetto di cartone (per averlo letto su un forum non per aver comprato la Gazzetta) e devo con rammarico prendere atto che ancora qualcosa non torna su quello scudetto assegnato da una cricca di tifosi interisti ai loro compagnucci di merende nel 2006. Sa cos’è che non torna? No, non le sue valutazioni personali sulle responsabilità di Moggi (Lei può pensarla come vuole, ciò che conta è che a Napoli si è svolto un processo che ha stravolto i fatti e le convinzioni del 2006, almeno in chi ha occhi e buona fede per vedere) e nemmeno le Sue affermazioni sulla prescrizione di eventuali illeciti sportivi a carico della società Internazionale F.C. e suoi tesserati (se c’è un codice che lo afferma non possiamo che prenderne atto ed inchinarci). No, nulla di tutto ciò. Quello che non torna, quello che manca nel suo articolo è  l’INDIGNAZIONE, Sig. Vicedirettore. L’INDIGNAZIONE che trasudava nel 2006 da ogni articolo, da ogni pensiero che si riferisse allo scandalo del secolo. Nel suo articolo manca l’ingrediente, l’indignazione appunto, che ha fatto di calciopoli il romanzo popolare di questi anni. E io la trovo una carenza che alla fine priva di forza e di credibilità le Sue sia pur discutibili affermazioni. Se per Lei non merita una buona dose di sana incazzatura e indignazione il fatto che un dirigente per anni si sia vantato della sua onestà ed abbia rivendicato titoli anche relativi a campionati non rientranti nell’inchiesta sfruttando l’informazione (e il Suo giornale in primo luogo) come cassa di risonanza, se per Lei (ma come al solito su questi argomenti è in buona compagnia) non merita una sana dose di indignazione il fatto che quello stesso presidente da un lato rivendicava scudetti all’onestà e dall’altro taceva i suoi rapporti e quelli dell’allora suo presidente con designatori ed arbitri in attività, se per Lei non merita indignazione e rabbia e frustrazione tutto ciò allora possiamo realmente capire cos’è stata farsopoli. Con la consueta stima”.\r\n\r\nMauro Vandali

\r\nPer correttezza, riportiamo di seguito l’articolo integrale pubblicato ieri dalla Gazzetta dello Sport a firma del vicedirettore Ruggiero Palombo.\r\n

MILANO, 25 giugno 2011 – Trenta giugno, giovedì prossimo. Non è il giorno del giudizio, ma poco ci manca. L’esposto Juve, l’inchiesta sulle sopraggiunte intercettazioni telefoniche dell’Inter: il Procuratore federale Stefano Palazzi sta scrivendo (un centinaio di pagine, venti di memoria riassuntiva) un nuovo e si spera definitivo capitolo su Calciopoli. Dirà al Consiglio federale a quali conclusioni è arrivato. C’è soprattutto da stabilire se lo scudetto 2006 assegnato all’Inter deve rimanere dove sta, nella bacheca di Massimo Moratti. Oppure no, come pensa Andrea Agnelli. E’ possibile, ma non auspicabile, che Palazzi, sommerso dalle carte del calcioscommesse, sfori. Di ore, più che di giorni. La sostanza non cambia. Giancarlo Abete ha fatto una promessa, che merita di essere mantenuta. La partita sullo scudetto 2006 deve essere chiusa.\r\nTempo di pronostici, ora come allora. Tutto sommato meno complicati di quanto si possa credere, per chi conosce metodo, rigore e convinzioni di Palazzi. Che, se messo nelle condizioni di lavorare, sarà pure lento ma non appare disposto a fare sconti a chicchessia, come ha dimostrato con le radiazioni atto primo, alla Disciplinare. Cominciamo dalle certezze: i presunti reati attribuibili all’Inter sono caduti in prescrizione, dopo 2 anni per la società, dopo 4 per i tesserati. Si può polemizzare all’infinito ma la legge sportiva dice questo. Archiviare per sopraggiunta prescrizione, però, è cosa assai diversa dall’archiviare e basta. E’ lecito ritenere che Palazzi, per niente contento di dover fare i conti con un materiale che 5 anni fa chissà perché e da chi non gli era stato messo a disposizione, finisca col scegliere la prima via.\r\nIl piatto forte saranno però le valutazioni su quello scudetto per il quale la prescrizione non esiste. Qui si entra più che mai nel campo delle ipotesi, ma la domanda da porsi, conoscendo Palazzi, è la seguente: se le telefonate di Moratti e Facchetti fossero state nella sua disponibilità nel 2006 insieme a quelle di Meani, Lotito, Della Valle, Foti, insomma dei dirigenti degli altri club che al di là della Juve sono stati a diverso titolo coinvolti in Calciopoli (e con le dovute proporzioni condannati), l’Inter sarebbe stata archiviata o deferita? Deferita, è la risposta dettata dal buon senso. Ecco perché quello scudetto 2006, giocato tutto sul principio di un’assoluta trasparenza etica, finirà con l’essere rimesso in discussione dalla relazione Palazzi. Di restituirlo alla Juventus, naturalmente, non se ne parla perché le responsabilità di Moggi e C. restano inalterate. Ma la non assegnazione, al pari di quello del 2005, quale memento di una stagione del calcio italiano tutta da dimenticare, diventerà con ogni probabilità la strada maestra. Si tratterà di vedere se il Consiglio federale, già celebre per la propria frammentazione in partiti e partitini, avrà la forza e il senso di responsabilità di procedere, scevro da ogni condizionamento opportunistico.\r\nCaro Abete, se voltandosi indietro dovesse improvvisamente scoprire di essere stato lasciato solo, non se ne crucci e tiri diritto, forte d’un ruolo (scomodo) che comunque le consente di avere l’ultima parola. Questa è una storia che non può e non potrà mai fare tutti contenti. La cosa più importante è metterci la parola «fine».