Gli avessero chiesto di disegnare una partita perfetta, in grado di riscattare la “Caporetto” casalinga contro il Napoli, questo è certo, Ciro Ferrara non avrebbe immaginato di poter passeggiare in quel di Bergamo. Trasformando una insidiosa trasferta in terra padana in piacevole scampagnata autunnale, ribadendo seppur sommessamente la candidatura della Juventus nel ruolo, assai angusto, di alter ego della babele nerazzurra. In un sabato piovoso e poco incline al senso scenico, la formazione allenata da Ferrara ha di fatto offerto una cinica sequenza di rispose all’ampio uditorio di detrattori e critici. Ribadendo la tonicità di Camoranesi, trentatreenne rinato dal giorno dell’addio di Ranieri, la bontà degli acquisti di Diego e Felipe Melo, autori di due pregevoli reti nella mattanza sabbatica, e soprattutto il recupero di “Hannibal” Trezeguet. Per il quale, agganciato Omar Sivori nella classifica dei bomber bianconeri di tutti i tempi, non resta che “picconare” il mito di Boniperti, fermo a quota centottantatre reti in maglia bianconera.\r\nFinalmente versata in un contenuto tattico in grado di soddisfare le qualità tecniche dell’organico, il 4-2-3-1, la Juventus ha di fatto imbrigliato una Atalanta modesta e priva di mordente, se non nella batteria di esterni formata dagli iperattivi Valdes, un tempo allenato da Pellegrini, attuale tecnico del Real Madrid, e Ceravolo. A conferma di un lavoro tattico, quello svolto da Antonio Conte, in grado di conferire una identità di gioco a lungo latente nella disastrosa campagna di Gregucci. Riscoperta l’importanza del danese Poulsen, mediano dal tocco così ruvido da somigliare ad un panno di carta vetrata, equilibratore silenzioso di un centrocampo il più delle volte riversato nella metà campo avversaria, la manovra bianconera ha finalmente beneficiato di una serie di componenti apparentemente dimenticate nella disfatta casalinga contro il Napoli.\r\nLa vicinanza fra i reparti, la capacità di alzare la retroguardia a piacimento e l’incessante mobilità sulle fasce, al fine di consentire un maggior ventaglio di soluzioni al “regista” Felipe Melo, hanno dunque costituito le basi di una vittoria fondamentale nell’economia della rincorsa alla vetta della classifica. Sottolineando la necessità di offrire continuità ad un rendimento talvolta sinusoidale, a singhiozzo. A conferma di un freno inibitorio assai difficile da disarcionare quasi un lustro di digiuno, nonostante il pregevole ricorso agli investimenti. Così, se “Houdini” Diego abbandonerà definitivamente la propria pagoda, continuando a regalare lapilli di classe assoluta, come testimonia la straordinaria rete siglata contro l’Atalanta, e la sicurezza dell’orco Felipe Melo non verrà scalfita da quale maldestra distrazione, le possibilità di regalare maggiore incertezza sugli esiti di un campionato al momento incanalato sui binari della monotonia nerazzurra, non potranno che garantire un’inerzia maggiore alla lunga maratona che attende la Juventus sino al termine della stagione.\r\nI recuperi, lampo, di Marchisio, Del Piero e Sissoko, pronti per la sfida del ventidue novembre contro l’Udinese, non potranno che offrire maggiore vigore al filotto di vittorie che la squadra bianconera spera di ottenere sino alla sfida, decisiva, contro l’Inter. In programma ai primi di dicembre, fra le mura, un tempo amiche, dello stadio “Comunale”. Le uniche perplessità, parrebbero tuttavia essere originate dall’insolita abbondanza di elementi in organico, creando una distonia fra il modulo tattico battezzato come migliore dai risultati, il 4-2-3-1, e la ossessione di Ciro Ferrara per il 4-3-1-2. Tuttavia rivedibile in un compromissorio 4-3-2-1, con il trio di centrocampo formato da Felipe Melo, Marchisio e Sissoko, con Diego, Camoranesi, Del Piero e Giovinco a contendersi il ruolo di suggeritori alle spalle di Amauri, Trezeguet o Iaquinta. Un problema, quello dell’abbondanza, che potrebbe per assurdo rappresentare un tarlo per le scelte di Ferrara…\r\n\r\nCredits: CarloNesti.it\r\ncassi Enrico – Juvemania.it