Calciopoli: ecco come Nucini puo’ inguaiare l’Inter

È l’effetto collaterale sull’Inter di uno tsumani che ha già travolto la Juventus: potrem­mo chiamare così l’impatto che Danilo Nu­cini, l’ex arbitro e ora commerciante berga­masco, avrà la prossima settimana quando tornerà protagonista in prima persona del processo Calciopoli nell’aula 216 del tribuna­le di Napoli e – per un debutto, se ci sarà – an­che davanti agli uomini della Procura Fede­rale. Finora e nelle intenzioni del pm Nar­ducci al processo di Napoli, Nucini è l’uomo che dall’interno della Can dell’epoca raccon­ta (o dovrebbe farlo, visto che i particolari provati sono pochini) il sistema di condizio­namento arbitrale. Nel suo racconto che du­ra ormai da nove anni, a cominciare dalle confidenze all’amico Facchetti dell’estate 2002 fino all’ultima audizione davanti ai pm del 1° dicembre scorso, c’è anche l’effetto boo­merang a livello sportivo per chi s’è giovato maggiormente dello scandalo e del processo sportivo e penale che ha travolto Luciano Moggi e – quindi – la Juventus. Cioè l’ Inter.

LA FIGC Palazzi ha convocato per il 3 mar­zo, due giorni dopo la seconda volta in aula a Napoli, l’ex tesserato Aia nell’ambito di un’indagine, quella relativa all’esposto Juve, che s’interessa dei comportamenti dell’Inter, visto che quello scudetto le fu assegnato per­ché moralmente degna. Insomma, adesso – a livello sportivo, precisiamolo – è attorno al­l’Inter che si indaga. E l’effetto boomerang può arrivare perché nelle numerose versio­ni della verità di Danilo Nucini da Ravenna ha fornito un quadro un po’ diverso dal pre­cedente, ma ha sempre tenuto costante – con particolari aggiunti o omessi – il legame stretto, la collaborazione totalmente al di fuo­ri delle norme tra lui e il presidente dell’In­ter di allora, Giacinto Facchetti. La azioni descritte nei vari interrogatori costituiscono palesi violazioni dei regolamenti sportivi, an­che volendo far salva la finalità di “autodife­sa” dal sistema dei presunti cattivi della Ju­ventus (un po’ la tesi del telefona-arbitri Meani per il Milan).

CONFERME Oggi Facchetti non può, purtroppo, confutare o confermare quanto proprio Nucini ha sempre detto e in gran parte confermato il figlio Gianfelice, ma anche i protagonisti dell’affaire Telecom, Tavaroli, Cipriani e Tronchetti Prove­ra. Ma evidenze e appunti personali con­fermano che il massimo dirigente dell’In­ter di allora (con o senza l’azionista di rife­rimento Moratti al suo fianco) aveva costi­tuito un patto ignoto agli organismi fede­rali per scoprire le magagne eventuali di Moggi e De Santis; che lo stesso Nucini ha agito per almeno tre stagioni all’inter­no della Can da arbitro in attività e con at­tività intrattenendo questo tipo di rappor­to con il vertice dell’Inter, al quale (audizio­ne dei pm a Napoli del 1 dicembre 2010) ha chiesto aiuto per trovare un posto di la­voro, andando in campo – solo nella stagio­ne 2004-2005 per quattro volte come quar­to uomo in partite dell’Inter.

PASSO INDIETRO Ma Nucini è anche uo­mo dai sorprendenti passi indietro: nono­stante l’appoggio di Facchetti (che spessissi­mo definisce una delle più belle persone mai incontrate), quando nel 2003 si trova davan­ti alla pm Bocassini nella Procura milanese, il suo contributo è una scena muta o quasi. Di certo meno collaborativo di quello assicu­rato a Narducci, che lo ascolta coi carabinie­ri nel 2007, poi in aula nel 2009 e ancora in Procura nel dicembre 2010. Avesse detto al­la Bocassini quello che aveva rivelato a Fac­chetti o in un’intervista a Repubblica in pie­no scandalo (10 maggio 2006), la pm non avrebbe archiviato come modello 45 (atti non contenenti notizia di reato). Domanda: per­ché Borrelli non ha approfondito allora, an­che sull’esposto e su chi l’aveva presentato, visto che poteva essere stata violata la clau­sola compromissoria? Perché allora non ha provato ad avere riscontro a certe dichiara­zioni pubbliche? Magari correlandolo a quanto ammesso proprio davanti a lui da Bergamo l’8 giugno 2006 («parlavo con tut­ti, anche con Facchetti»)?

LA STORIA Nucini dopo la dismissione per raggiunto limite d’età, ha collaborato come opinionista arbitrale fino allo scoppio del bubbone Calciopoli: ha cambiato numeri s’è isolato. Ora – oltre a Narducci, dopo il memo­riale di Facchetti – lo hanno riscoperto nelle telefonate “riesumate” da Moggi in telefona­te vere, con audio che abbiamo avuto modo di ascoltare, parlare amabilmente con quel­li che lui considerava i suoi aguzzini, i desi­gnatori Pairetto e Bergamo che l’avrebbe­ro penalizzato perché “fuori dal sistema”. Nell’audizione di maggio l’ex arbitro era an­dato giù pesante. Eppure lui che si sentiva vessato ed escluso, nonostante numerosi ar­bitraggi infelici, diresse 3 gare di A e 17 di se­rie B, proprio nell’anno in cui faceva il «caval­lo di Troia» di Facchetti nella Can e aveva in­tensificato gli incontri sulla Jaguar del pre­sidente nel parcheggio della Malpensata di Bergamo e dietro lo stadio Azzurri d’Italia. Venti partite da direttore: non proprio ma­laccio per un fischietto sul viale del tramonto.

CHIUSO COSI’ In ogni caso ritorna in men­te la sentenza del gup De Gregorio nel rito abbreviato del processo di Napoli (quello, per intendersi, che ha condannato Giraudo in primo grado). De Gregorio parla di «arbitri di parte come quelli contattati con le sim sviz­zere », per motivarne la condanna. Che avrebbe detto il gup di un arbitro-collabora­tore di una società per un’operazione come quella di Nucini? In ogni caso – anche se Nu­cini non si farà interrogare come nel 2006 e ci dovranno bastare i suoi verbali – è più in­teressante sapere cosa dirà Palazzi: certo, c’è la prescrizione e l’improcedibilità. Ma si può davvero chiudere tutto così e con la sola re­visione del giudizio di assegnazione dello scudetto 2006?

Credits: TuttoSport

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