Se serve un tormentone musicale a fare da sigla allo storico momento dell’ingresso – stamane – di Paolo Bergamo negli uffici della Procura federale per un riascolto sulle sue telefonate di Calciopoli, andate sul banale e scegliete il miglior Pappalardo Adriano, quello di «Ricominciamo». Perché l’audizione di oggi, che dà il via al giro speriamo vorticoso (ma ci crediamo poco) di interpreti del calcio 2004-2005, è una ripartenza, magari non da zero ma da 170 mila quante sono le telefonate dell’indagine, di cui almeno l’80 per cento trascurate, malinterpretate, lasciate in naftalina. Ed è la conferma – ce la dà finalmente Palazzi – che il processo del 2006, nel quale lui interpretava il ruolo di Accusatore – e le sue conseguenze, a partire dallo scudetto assegnato all’Inter con precipitazione e soddisfazione dalla Figc di Guido Rossi, sono stati parziali: la visione di frammenti (grandi, magari) di uno specchio rotto. Nel 2006 non era tutto sbagliato, ma era sbagliato pensare che fosse tutto: oggi riparte l’indagine, nove mesi dopo che tutto il mondo ha saputo che nei verbali di Procura c’era solo tutto quanto ruotava attorno a Moggi, con la frustrante sensazione che sia tardi. Per immaginare un processo sportivo uguale pertutti, che non ci sarà più. Con pene diverse per tutti o spiegazioni meno frettolose: perché reato sportivo era allora parlare o sobillare gli arbitri. Ma allora abbiamo dato tutti per scontato che chi indagava avesse esplorato tutto: verificato se le ammonizioni erano preventive (e non lo erano); se i sorteggi erano truccati (e nessuno al processo, giurando di dire la verità, l’ha minimamente confermato); se Paparesta era davvero chiuso nello spogliatoio, visto che lui non lo conferma. Togli qua e togli là, l’illecito pare molto meno strutturato, la combriccola molto meno romana e torinese, Calciopoli 2006 un processo monco.\r\n\r\n(Di Alvaro Moretti per ‘ Tuttosport’)