Calciopoli: a poche ore dalle motivazioni dell’assoluzione di Luciano Moggi a Milano (vicenda Facchetti), la Cassazione rende pubbliche le motivazioni relative all’ultima sentenza che sostanzialmente definisce Luciano Moggi il padrone del calcio italiano per tanti anni. Anni e anni di udienze cancellate con un colpo di spugna: rispunta l’arbitro Paparesta chiuso nello spogliatoio (circostanza smentita seccamente dallo stesso in più occasioni e archiviata dal Tribunale di Reggio Calabria perché il fatto non è mai accaduto), così come anche le moviole in TV che avrebbero condizionato le carriere degli arbitri. Si riparte praticamente da zero e tornano anche i presunti rapporti privilegiati con designatori e dirigenti federali, che le migliaia di intercettazioni sbobinate in questi anni hanno sostanzialmente evidenziato per tanti altri dirigenti.\r\n\r\nAd avviso della Suprema Corte, nonostante Luciano Moggi abbia visto concludersi il processo a suo carico il 23 marzo scorso con la prescrizione, rimane “l’ideatore di un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse)”. Nonostante le sentenze sportive dicano che nessuna classifica è stata alterata dall’ex dg della Juve, la Cassazione parla di un vero e proprio sistema, non solo ‘Calciopoli’ dunque, che “prende il suo nome”.\r\n\r\nE non è tutto, perché la Suprema Corte chiama in causa anche la Juventus, affermando che Moggi abbia commesso sia il reato di associazione per delinquere, sia la frode sportiva “in favore della società di appartenenza (la Juventus)” ottenendo “vantaggi personali in termini di accrescimento del potere (già di per sé davvero ragguardevole senza alcuna apparente giustificazione)”. Dalle parole di Moggi in TV e sui giornali, continua la Cassazione “potevano dipendere le sorti di questo o quel giocatore, di questo o quel direttore di gara con tutte le conseguenze che ne potevano derivare per le società calcistiche di volta in volta interessate”.\r\n\r\nL’ex dirigente bianconero, secondo gli ‘ermellini’ era addirittura aggressivo perché con presunte incursioni negli spogliatoi “non lesinava giudizi aspramente negativi sull’operato dei direttori di gara” e d esercitava un “potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa, frutto soltanto di un esercizio smodato del potere”: “emblematici” gli episodi che riguardarono l’arbitro Paparesta e il guardalinee Farneti”. Con queste motivazioni, per la Juventus chiedere i danni alla Federazione sarà ora praticamente impossibile.