Quello che tanti temevano, cioè una Federazione che decida di non decidere, si è avverato. Il prossimo 18 luglio Abete comunicherà ufficialmente che lo scudetto di cartone rimarrà (con merito?) sulle casacche di chi lo ha indossato indebitamente. E adesso Andrea Agnelli non si dà pace. Le parole riecheggiate da New York, dove il presidente della Juventus si trova per i lavori del Global Sports Summit, sono una frustata al Governo del calcio: “Qui non è in gioco l’onorabilità delle persone, che in taluni casi non sono in condizione di argomentare, qui è in gioco la credibilità del sistema”. Agli occhi di Agnelli la Figc, sebbene Abete si sia speso per evitare una conclusione pilatesca, non appare in grado di sciogliere i nodi che paralizzano il calcio italiano.\r\nLa Juventus chiede da oltre un anno parità di trattamento su Calciopoli e, sotto questo punto di vista, si trova in sintonia con la posizione espressa l’altro ieri dalla Fiorentina (e appoggiata dal Milan). Il passo successivo, quello del dialogo tra le parti, non può essere compiuto se prima non si resetta tutto. In soldoni, se quel maledetto scudetto 2006 non torna vacante. È un messaggio indiretto a Massimo Moratti, che ieri è rimasto in silenzio. Certo, nessuno si illude che il patron dell’Inter rinunci al titolo conquistato a tavolino o, addirittura, alla prescrizione che ha coperto con un velo le ipotesi di reato (slealtà e illecito sportivo, articoli 1 e 6 – mai contestato ad altri se non all’Inter) delineate da Palazzi. E infatti l’obiettivo, che i Della Valle hanno reso manifesto con il loro comunicato, è il colonnello Auricchio, reo di “aver accantonato migliaia di telefonate, utili nel loro insieme a precisare il quadro della situazione”, in particolare quelle di Facchetti e Moratti ai designatori e agli arbitri.\r\nQuando Agnelli annuncia che “ogni azione legale sarà esperita a tutela della Juventus, se l’ordinamento sportivo dimostrerà di non essere in grado di garantire ai suoi membri pari dignità ed eguale trattamento”, si riferisce evidentemente anche alla possibilità di trascinare in tribunale chi, nel 2006, ebbe voce in capitolo sulle indagini (penale e sportiva) e sui procedimenti. Il club bianconero andrà avanti autonomamente nella sua battaglia iniziata con l’esposto del 10 maggio 2010 in cui chiedeva alla Figc di togliere lo scudetto ai nerazzurri. Il ricorso al Tar, trattandosi di un provvedimento (o meglio di un non provvedimento) amministrativo, ha una corsia preferenziale rispetto alle altre opzioni, come la richiesta di risarcimento danni in sede civile.\r\nIntanto, ad Agnelli e Della Valle si accoda anche l’ad rossonero Galliani: “Credo sia giunto il momento di svelenire il calcio italiano. Per riuscirci, però, occorre che il colonnello Auricchio ci spieghi perché nella sua indagine sono comparse soltanto determinate intercettazioni. E non altre. Se non avviene questo chiarimento, tutto rischia di rimanere com’è. Ben venga, dunque, l’idea della famiglia Della Valle di un tavolo di pacificazione, il Milan è pronto a parteciparvi e a dare la massima collaborazione. Prima, però, è fondamentale fare chiarezza sul punto delle trascrizioni. E’ una questione di buon senso perché quell’inchiesta ha riguardato soltanto determinati club. E gli effetti si sono visti anche nel processo sportivo che ha determinato delle pene. Ancora oggi i tifosi mi fermano per strada per chiedermi perché nel 2006 l’inchiesta è stata monca. E io non so dare loro una risposta. Convinciamoci, l’osservazione dei Della Valle sull’operato di Auricchio chiama in causa tutti. E i veleni non scompariranno se non giungerà una risposta su questo delicatissimo punto”.\r\n\r\nCredits: Gasport\r\n