Blanc: “Dopo la crisi non ci sono più intoccabili”

\r\n\r\nJean-Claude Blanc, potrà mai crollare una Lehman Brothers del pallone?\r\n“Non si può escludere, ed è il primo insegnamento che ci ha dato la crisi, e in particolare la chiusura di Lehman Brothers: il passato e la storia che hai alle spalle, i risultati che hai fatto, l’importanza che hai avuto, non sono più una garanzia. Non ti proteggono”.\r\n\r\nPuò ritrovarsi gli scatoloni in mano anche chi, fino a qualche anno prima, faceva la Champions.\r\n“È successo a una grande banca d’affari, nella finanza, può succedere nel calcio. Ormai non ci sono più intoccabili”.\r\n\r\nPer Calciopoli, e non per la crisi globale, ma rischiò grosso pure la sua Juve.\r\n“Tre anni fa, con la retrocessione in serie B: avessimo preso le decisioni sbagliate sarebbe stato un disastro. E parliamo della Juventus”.\r\n\r\nAzzardiamo: a Wall Strett gonfiarono i titoli, il pallone le quotazioni dei giocatori.\r\n“Sarebbe facile dire di sì, e forse un po’ è stato così. Ma il calcio è un sistema praticamente chiuso su se stesso e finché c’è qualcuno disposto a spendere prezzi molto alti, funziona. In fondo i soldi del Real Madrid per Cristiano Ronaldo hanno girato, perché il Manchester United ha fatto altri affari”.\r\n\r\nMa questo è un calcio sostenibile?\r\nDall’inizio, alla Juve, ci siamo ispirati a questo principio, e ora se mi guardo in giro vedo altre società che puntano a questo: è una conseguenza della crisi globale”.\r\n\r\nMeno quattrini, un occhio in più ai conti.\r\n“Chi poteva permettersi di perdere tanti soldi pur di vincere lo scudetto o la Champions, adesso fa minori investimenti: molti proprietari di club hanno meno risorse da investire e lo si fa con maggiore attenzione. Poi non bisogna trascurare l’impatto sociale della crisi: e per il calcio non è così morale investire risorse enormi di fronte alle difficoltà della gente. E c’è il financial fairplay di Michel Platini: da sempre sono favorevole”.\r\n\r\nFamiglie in crisi: sono eticamente accettabili i 12 milioni di euro a Ibrahimovic o i 94 pagati per Ronaldo?\r\n“Il problema è che il calcio è molto competitivo, una competizione tra grandi aziende a livello europeo. Per questo le società, a patto che se lo possano permettere, fanno bene a pagare superbene un talento. In certi casi però, ogni tanto bisogna dire no a giocatori che chiedono troppo: noi l’abbiamo fatto”.\r\n\r\nLo sport Usa si rigenera con il salary cap: è un modello importabile?\r\n“No, semplicemente perché la legislazione europea non lo permetterebbe. E non dimentichiamoci che stiamo parlando di società private: ognuno deve avere la libertà nella propria gestione. Piuttosto il discorso è un altro, come dice il presidente della Uefa: puoi spendere, ma non più di quello che hai”.\r\n\r\nQuanto ha davvero pesato la crisi economica sul calcio?\r\n”Ancora poco, perché il calcio ha un andamento quasi anti ciclico, se mi si passa il termine. Perché i contratti sono firmati per anni, e l’impatto della crisi è stato differito. Poi, chiaro, c’è stato, basti pensare all’AIG per il Manchester United, però a fine contratto”.\r\n\r\nChi ha avuto i maggiori danni collaterali?\r\n“Gli sport medio-piccoli. Perché quando c’è una crisi di soldi, spesso gli investimenti si concentrano sugli asset forti, com’è il calcio, e non per esempio il rugby, la pallavolo o il nuoto: è su queste attività che c’è stato l’impatto più forte della crisi globale”.\r\n\r\nProfezie di ripresa per il 2010: sarà così anche per il pallone?\r\n“Con un po’ di ritardo, per i motivi che spiegavo prima. E qui bisognerà farsi trovare pronti, perché gli investimenti in tempi di crisi possono anche essere un’occasione per le aziende. Sono di parte, ma credo che la Juve, con lo stadio nuovo e la capacità di innovare, offrirà ottime occasioni”.\r\n\r\nLa Premier sembrava l’Eldorado, e ha 4 miliardi di debiti: dov’è l’errore?\r\n“Diciamo che ci sono debiti e debiti. Accettabili se sono per progetti di sviluppo, come l’Arsenal per il proprio nuovo stadio, più rischiosi per il solo acquisto di giocatori, come il Real”.\r\n\r\nC’è un modello vincente?\r\n“Non di business, ma di management: bisogna saper decidere velocemente, reagire, e innovare. Perché questo mondo cambia in fretta e quel che hai fatto non basta più”.

Condividi
Pubblicato da
Alberto Zamboni