Bettega: grandi campioni della Juve hanno giocato in Coppa Uefa
«Ma dove minchia vanno questi?». Non è proprio un oxfordiano il passeggero diretto a Catania che incrocia di prima mattina i giocatori della Juventus all’aeroporto di Caselle, evidentemente un tifoso deluso o un detrattore alquanto sboccato. Lo chiede, anzi se lo chiede, ad alta voce mentre sfilano accanto a lui Felipe Melo e Diego, poco più avanti ci sono Roberto Bettega e Jean Claude Blanc, poco più avanti ancora Alena Seredova e Sonia Del Piero. Gruppo vacanze Piemonte? Mannò. Vanno ad Amsterdam per la Europa League, “questi”, e l’aria non è quella spensierata delle trasferte di Champions, non è nemmeno un’aria. Solo Gigi Buffon dà il cinque con il pugno chiuso (una nuova moda?), mentre gli altri hanno le facce legittimamente incavolate (note di cronaca: Amauri il più nero) di chi pensava di passeggiare in paradiso e invece deve sbattersi all’inferno. Forse è meglio così, che alla Juventus siano incavolati il giusto, come lo sono i giocatori dell’Inter che hanno la fame dei cannibali stampigliata addosso. E infatti non smettono di vincere. L’esempio viene dal nemico? Pazienza. Non ci sarà la musichetta della Champions, non ci sarà nulla che ricordi un passato glorioso. Anni fa ad Amsterdam ogni partita era una battaglia, ogni contesa una storia da scrivere in maiuscolo. Anche per l’Ajax, comunque, vale il c’era una volta, però guai a illudersi.\r\n\r\nLA CONCENTRAZIONE – Il minimalismo di oggi, l’atmosfera strana del charter, le pagine di giornale aperte sul confronto tra Milan e Manchester o sul tonfo del Real, raccontano una Juventus diversa, cambiata dal corso degli eventi, sulla via della guarigione ma non in salute, rancorosa, avvitata sul concetto di orgoglio e di rivincita. «Come va? Bene, sempre… », butta lì Blanc, stretto della sua giacca di velluto blu, le scarpe tanto a punta che potrebbe schiacciare una formica in un angolo. Il presidente ci crede. Bettega invece è avvolto in un cappotto beige e pare concentratissimo: per lui è un ritorno pure questo, dopo l’antipasto della tournée a Jeddah, l’Europa rimane “cult” ancorché sia disegnata attorno a un torneo minore. «Ricordo a tutti che la Grande Juventus ha disputato l’Intertoto e la coppa Uefa»: che sia di buon auspicio per i ragazzi di Zaccheroni. Già, Zac. Pacioso e rassicurante, accomodato sull’aereo in prima fila a fianco di Alessio Secco, il ds in gessato grigio. «E’ dura ma è una sfida stimolante. Qui sto d’incanto, da Dio se dovessimo battere l’Ajax…», confessa con le mani nelle tasche della giacca a vento societaria l’uomo al quale la proprietà e la dirigenza hanno consegnato le chiavi del destino. Se lo erano dimenticato, ora sta vivendo una seconda giovinezza con un chiodo fisso: vincere. Psicologo e allenatore, Zaccheroni ha colpito per la sua semplicità e la sua professionalità: «E’ un tecnico preparatissimo, gli bastano cinque minuti per spiegare come gioca l’avversario», sottolinea Secco. Una rarità, a quanto sembra. Chissenefrega se lo chiamano «Il Piadina» per via delle sue origini romagnole, chissenefrega di tutto, a questo punto della stagione. John Elkann, cioè il capo, pretende la zona Champions e l’Europa League: il primo è il più piccolo dei traguardi, la seconda un successo agognato da almeno quattro anni. Riuscirci con un tecnico in scadenza non è una vergogna, le cose di cui arrossire sono altre.\r\n\r\nCredits:Vittorio Oreggia per TuttoSport\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it