Federico Bernardeschi non si è mai fatto intimidire né condizionare dagli ultrà. È il pensiero espresso dal diretto interessato in seguito all’intercettazione di uno dei capi dei Drughi (uno dei 12 arrestati nell’ambito dellì’inchiesta Last Banner), che si sfogava con uno dei suoi “sottoposti” nella curva della Juventus, per via del lancio di una maglia da parte del numero 33 all’indirizzo di un altro gruppo organizzato, quello di Tradizione. “Leggo – scrive Bernardeschi sui social network – un’intercettazione nella quale un ultrà mi accusa di aver lanciato la maglietta a un gruppo di tifosi diverso dal suo. Vorrei essere chiaro: quando ho la possibilità di ringraziare i miei tifosi regalando la maglia, non faccio distinzioni “politiche”, né calcoli su quale gruppo sia meglio scegliere”.
Quando mette a segno un gol o va sotto la curva al termine della partita, l’ex viola non fa distinzione tra gruppi organizzati e se decide di regalare una maglia lo fa senza calcoli né distinzioni. “Per me non esistono tifosi più o meno degni di ricevere il mio affetto. Per me i tifosi della Juve, quelli che ci sostengono, ci criticano, cantano o fischiano, sono tutti uguali, tutti degni e importanti, perché ad unirli non è il nome del loro gruppo ultrà, ma la passione immensa che ci unisce tutti quanti per i colori bianconeri. Il resto – conclude Bernardeschi – sono solo chiacchiere”.