Checché ne dicano i buontemponi che affollano giornali e TV, il calcio non è davvero stato ripulito come ci vogliono far credere. Hai voglia a dire che “ci sono opportunità per tutti che prima non c’erano…”, come ha fatto tempo fa un noto giornalista Rai. Chi come Oliviero Beha, colpevolista dell’immediato post-Calciopoli, ha seguito gli sviluppi del processo di Napoli, sa molto bene che il marcio non è affatto stato estirpato. Lo si è fatto credere, eliminando il ‘mostro’ Moggi, e dando ulteriori alibi a chi per manifesta incapacità, aveva sino al 2006 sempre fallito nel mondo del calcio. Di seguito alcuni spunti di Oliviero Beha per ‘Il Fatto Quotidiano”.\r\n
…l’anno scorso di questi tempi dello scandalo di Calciopoli si sapeva ancora pochissimo: solo ora dovrebbe risultare evidente che se il calcio è marcio, la questione è più complessa del trattare Moggi da “discarica indifferenziata”, alla luce di tutte le altre telefonate emerse. Mentre sullo sfondo si agita preoccupante il fantasma della prescrizione, la cosa peggiore che potrebbe capitare: rimarremmo con l’idea che Moggi e un manipolo di figure intiere o mezze, fossero i colpevoli di tutta la sporca faccenda, dai contorni oscuri, senza che ancora siano venute fuori le contropartite eventuali per gli arbitri (denaro, automobili, scatti di carriera, sponsorizzazioni ecc.?) che avrebbero architettato la frode in un’associazione per delinquere penalmente ancora tutta in discussione, “solo perché” condannati dalla giustizia sportiva.\r\n\r\nMa la giustizia sportiva, cosa che vado ribadendo da sempre naturalmente nell’indifferenza generale anche dei cultori della materia a livelli istituzionali un pochino più alti, nella Repubblica del pallone non gode affatto di quell’autonomia che si tenta di difendere nella democrazia italiana. In essa o nei suoi postumi, negli scontri tra potere esecutivo e potere giudiziario passando per il legislativo troppo spesso ridotto a scranni vuoti o consenzienti, in ballo è la separazione dei poteri. Embè? Nessuno si domanda se nella Repubblica Rotondolatrica questa separazione ci sia stata e ci sia oggi, sia nella forma che nella sostanza, se cioè i giudici non siano invece filiazioni del potere federale, oppure da chi dipendano davvero gli arbitri magistrati terminali in mutande, insomma se Platini (per dire, lo conoscete tutti, nevvero?) sia parente di Montesquieu (chi era costui)?\r\nCosì rischiamo 1) di non sapere davvero nulla da Napoli, se non si va a sentenza in tempo nella guerra guerreggiata tra il presidente del Tribunale e un giudice a latere e i pm, 2) di ritenere che la prescrizione sia un sinonimo di colpevolezza per gli imputati, 3) di rimanere all’oscuro sui comportamenti tenuti da tutti gli altri coinvolti, emersi dalle telefonate intercettate, sì, ma emarginate non si capisce bene perché dall’indagine dei carabinieri e dalla curiosità dei sostituti procuratori. E il tutto rimarrebbe incastonato nelle sentenze del 2006 della giustizia sportiva arrivate con il tempismo e la “dipendenza” di cui ho appena riassunto il significato. Pulizie pasquali finte per un calcio sporco, alla cui guida rimangono sempre gli stessi. È un po’ come per i rapporti tra mafia e “pezzi dello Stato”, ma applicati alla Rontondocrazia: siamo curiosi sulla mafia, ma ignoriamo volentieri tutto, da nesci o da tifosi oppure da “azionisti del male”, sui “pezzi dello Stato” coinvolti, in questo caso riconducibili al potere istituzionale, alla Federazione, alla Lega dei grandi club. Grandi club che sono ormai arrivati alla “frutta” negli strappi per dividersi i soldoni dei diritti tv. Rimangono le 5 società più importanti e gli altri fuori… Pensate a quanto incidano i soldi su scudetto, Champions, retrocessione ecc.