Beccantini: “Una Juve qualunque”

Il problema della Juventus è, semplicemente, la Juventus. Ad agosto, l’avevo\r\ncollocata al sesto posto. Ho sbagliato di uno. Niente Champions, niente Europa\r\nLeague: come ai tempi di Maifredi e Montezemolo, la coppia di fatto che riuscì\r\nnell’impresa di sperperare il tesoro di Roberto Baggio. Il problema della\r\nJuventus, di “questa” Juventus, è la pancia che, da Calciopoli a oggi, ne ha\r\ndominato gli umori e influenzato la rotta. Tre punti in più costituiscono il\r\nmacabro confine tra l’ennesimo tracollo e l’ennesimo (mancato) decollo.\r\n\r\nLa maglia pesa, ovunque e comunque: in campo, in panchina, in ufficio. Prova\r\nne sia l’ultimo mercato, intitolato, come i precedenti, alla quantità. Era la\r\nprima Juventus di Andrea Agnelli e Giuseppe Marotta. Avevano ereditato le\r\nmacerie della gestione Blanc, presidenteamministratoredelegatodirettoregenerale\r\ntutto d’un fiato. Il nuovo “Triade”. Uomo di sport, ma non di calcio. Quando\r\nsi riparte da zero, non bisogna indovinare molti numeri al lotto. Ne basta uno,\r\n”quello”: l’esperto che, scelto, sceglie. Con Blanc, John Elkann prese un\r\ngranchio, a conferma che non tutti sono capaci di passare da Marchionne a\r\nMarchionni senza lasciare tracce.\r\n\r\nNon è vero che la Juventus abbia speso poco. Dal 2007, ha investito qualcosa\r\ncome 187,3 milioni di euro, seconda soltanto ai 195, 2 milioni dell’Inter di\r\nMoratti (fonte Gazzetta dello Sport, 12 gennaio 2011). Al contrario, ha\r\nsprecato tempo e denari. Il simbolo della campagna di Marotta resta Martinez,\r\n12 milioni, prelevato dal Catania a una velocità non inferiore a quella che\r\nBlanc impiegò per rapire Felipe Melo, alla modica cifra di 25 milioni, record\r\ndi tutti i tempi e di tutti gli scempi.\r\n\r\nDelneri, lui, si è incartato strada facendo, troppo artigiano per un ambiente\r\nostaggio delle frenesie dei giornali, degli anatemi del web e degli amarcord\r\ncalciopoleschi, alcuni dei quali tutt’altro che faziosi. Fino al 6 gennaio, la\r\nsituazione sembrava sotto controllo. L’infortunio di Quagliarella, uno dei\r\nrari acquisti a non essersi rimbecilliti, ha contribuito a castrare le\r\nambizioni. Non si tratta di gioco: si tratta di giocatori. Date a Delneri la\r\nrosa di Allegri, con Ibrahimovic, e ad Allegri l’organico di Delneri, con\r\nTraorè: siete sicuri che lo scudetto lo vincerebbe comunque il Milan? La\r\nmediocrità del certame premia i mercati di qualità. D’accordo, Mazzarri ha\r\nspinto il Napoli oltre le colonne d’Ercole dei pronostici più arditi, ma non\r\nc’è paragone fra la tensione di laggiù e le pressioni, gli obblighi, i debiti\r\n(verso la storia, verso la pancia) di quassù.\r\n\r\nPer Tony Damascelli de il Giornale, la Juventus si è ficcata in un binario\r\nmorto. Per me, in un labirinto. Cambia poco. Adesso sì che, senza Champions,\r\ntorna Conte ma i conti non tornano, e ci vorranno, a maggior ragione, idee\r\ncapaci di affiancare e cementare i quattrini. Va bene Pirlo, sempre che non\r\nsia logoro. Attraversiamo un momento un po’ così, di trapasso generazionale,\r\nda tutti in gruppo e senza fuggitivi di talento; ciò doverosamente premesso, a\r\nscartabellare l’ultima infornata del Ct Prandelli sorgono imbarazzi non lievi:\r\nBalzaretti, Criscito, Nocerino, Giovinco erano tutti della Juve, se non\r\nproprio “da” Juve (e a ogni modo, molto più “da” Juve di alcuni titolari\r\nodierni o sedicenti tali).\r\n\r\nDeschamps, Ranieri, Ferrara, Zaccheroni, Delneri, Conte: anche questo elenco,\r\ncosì poco juventino, spiega il fallimento e illustra la “cortomiranza” dei\r\nsignori proprietari. Delneri e il suo staff sarebbero stati oltranzisti prima\r\ne ondivaghi poi.\r\n\r\nOgni tecnico a libro paga si vede caricato delle aspirazioni represse e delle\r\nfrustrazioni accumulate: temo che Conte, al di là del nome e del curriculum,\r\npotrà salvarsi, esclusivamente, se gli si aprirà il paracadute dei risultati.\r\n\r\nBasta con l’alibi di Calciopoli. Basta con le operazioni un tanto al chilo:\r\nurgono innesti mirati, fra i terzini e a metà campo. L’attacco è l’unico\r\nreparto che non toccherei, o toccherei per ultimo. Brutto segno, se nel\r\nparlare dell’ultima stagione si finisce per sprofondare nella melma della\r\npenultima.\r\n\r\nIn base ai soldi profusi, sul lascito tecnico della Triade gli esperti di casa\r\nElkann avrebbero dovuto costruire una Juventus meno qualunque e meno\r\nqualunquista. Quando c’era Amauri, mancava il passaporto; quando è arrivato il\r\npassaporto, è scomparso Amauri.\r\n\r\nQuando c’era la Juventus, mancava lo stadio; ora che lo stadio c’è, non c’è\r\npiù la Juventus. Gino Palumbo, inventore della Gazzetta nazional-popolare,\r\navrebbe chiosato così: parlatevi.\r\n\r\nDi Roberto Beccantini per il Fatto Quotidiano