Beccantini: “La Champions? Meglio pensare alla salvezza”

Legittimo impedimento anche a Livorno. La prima, «vera», Juventus di Zaccheroni si smarrisce nella solita nebbia, nei soliti limiti. Il passaggio alla difesa a tre, marchio di fabbrica del traghettatore, non ha prodotto i benefici millantati dai cultori delle lavagne, come documenta il gol di «nano» Filippini (di testa, naturalmente). \r\nPer tacere di Grosso al posto di De Ceglie: tu quoque, Zac? Ai domatori di Cosmi, per spaventare gli avversari, basta assestare qualche colpo di frusta. La Juventus, «questa» Juventus, fatica a cambiare marcia. La zona Champions è un’ombra sempre più vaga: d’ora in poi, meglio concentrarsi sull’area salvezza. Tre vittorie in quattordici partite, coppe incluse: voi cosa fareste?\r\nLa Juve di Ferrara si era dimessa da squadra. Non ci credeva più. La Juve di Zaccheroni è costretta a crederci, per forza. Da Benitez a Lippi, è troppo il futuro che condiziona i brandelli di presente. In campionato, si incassa almeno un gol dal 29 novembre (Cagliari). E non è che l’attacco sia una fabbrica di occasioni. Tutt’altro. Nostalgia canaglia di Iaquinta. Gli infortuni, ecco, rappresentano l’addobbo della crisi.\r\nLe recite della Juve si assomigliano tutte: digiuni angoscianti, morsi improvvisi. Passi per il fu Del Piero e il fu Amauri, ma Diego e Felipe Melo proprio vegetariani non sono. Il Livorno l’ha messa sulla grinta, aspettando che i doveri aziendali obbligassero i bianconeri a sporgersi dal davanzale.\r\nPer scorgere pallidi progressi, urge la lente d’ingrandimento: la rimonta (fatta, non subìta), la volontà di seguire sentieri che non siano, esclusivamente, l’istinto. Davanti, resta però una montagna: di risultati, di gioco, di personalità. Dal mediocre operato di Brighi, le moviole ereditano i centimetri del fuorigioco di Legrottaglie e il giallo-bis, fiscale, di un Felipe Melo dai gomiti, e i bulloni, comunque sguaiati. I brividi di Livorno appartengono al terrificante imbrocchimento di una Juventus che fa paura solo a se stessa.\r\n\r\n\r\ndi Roberto Beccantini per La Stampa

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Pubblicato da
Alberto Zamboni