«Ci salveremo, lo dice Nedo Sonetti». E’ il coretto ironico dei tifosi dell’Atalanta che nell’87 accompagnò la squadra in Serie B. Adesso Antonio Conte dice: «Ci salveremo al 100%. La strada è tracciata, ci sono basi da consolidare e il tempo ci darà ragione». Poi sorridendo: «Ripeto: ci salveremo. A costo di rimanere qui gratis a vita se non dovesse succedere». Conte crede nella salvezza più di quanto per adesso ci credano i bergamaschi, e fa bene. Perché l’Atalanta non è spacciata e perché i suoi numeri non sono tutti da buttare. Con lui la squadra ha raccolto 12 punti in 10 partite, media tranquillità, non lontana dalla media-punti di Delneri (1,26 il primo anno, 1,24 il secondo). A offuscare la sua gestione c’è, però, la zavorra delle 4 sconfitte di Gregucci. Che peserà fino a quando Conte non recupererà gli infortunati e potrà dimostrare se la sua idea di calcio può essere portata avanti. Preoccupa la fase difensiva, con Conte 1,5 gol a partita (8 solo con Cagliari e Juve),ma non scandalizza. La peggior difesa atalantina nell’era dei tre punti, cioè dal 1994-95, è del primo Delneri (1,474 reti a partita), ma i difetti venivano mascherati dal fatto che la squadra produceva molto gioco offensivo. Pur tra alti e bassi fisiologici, schiacciava gli avversari, li teneva lontani dall’area. Quello che l’Atalanta di Conte non riesce ancora a fare.\r\n(Credits: Gazzetta dello Sport)