Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus, ha rilasciato un’intervista al mensile GQ. Curiosamente, la chiacchierata arriva all’indomani delle critiche di Arrigo Sacchi al suo operato e alla Juventus ingenerale, paragonata addirittura al Rosenborg. Arrivato alla Juve in punta di piedi, Allegri si è imposto nell’ambiente bianconero senza snaturare la propria semplicità, quella tipica dei livornesi: “La cosa bella della mia città – dice – è la sua inconsapevolezza: chi ha un euro in tasca affronta la giornata con la stessa serenità di un principe”.\r\n\r\nDa molti è considerato troppo “morbido” con i giocatori oltre che “aziendalista”: Allegri spiega ancora una volta perché non serva urlare per farsi ascoltare, ma il segreto sia quello di responsabilizzare i suoi calciatori.\r\n\r\n“Amico no, carceriere mai. Non recludo i calciatori, li responsabilizzo. Le soluzioni devono trovarle da soli. Altrimenti quando saranno senza aiuto non sapranno a che santo votarsi. Detesto gli yes-men e cambio idea perché non la considero una debolezza, ma un modo di crescere. So di non avere sempre ragione. Se ce l’avessi e dicessi solo cose giuste, sa che palle?”.\r\n
\r\nDopo la sconfitta rimediata all’andata contro il Napoli, Allegri predicava ottimismo (“Quando tutti pensano di farmi il funerale poi si ricredono, adesso inizio a divertirmi io”) e invitava tutti a riguardare la classifica più in là: i risultati gli hanno dato ragione e ora la Juventus si trova in vetta alla Serie A e in corsa per tutti e tre gli obiettivi stagionali:\r\n\r\n“Ma non porto mai rancore, è una fatica inutile. Il calcio è una chiacchiera da bar. Fanno tutti i professori, parlano di tattiche e schemi, ma la verità è che nel pallone non si inventa nulla dal ’92, dall’abolizione del passaggio indietro al portiere. Il resto sono puttanate”, conclude. Una risposta indiretta a Sacchi?