Massimiliano Allegri ha rilasciato ad Espn un’intervista che sta facendo molto discutere, oltre che dividere al solito il popolo bianconero. Sono ancora tanti i tifosi della Juventus che continuano a celebrarlo, mentre dall’altra parte ci sono coloro i quali celebrano il sarrismo, anche a costo di “sopportare” una difesa tutt’altro che ermetica. Parlando della sua filosofia di calcio, Allegri sottolinea: “Federico Tesio, uno dei più grandi allenatori di cavalli di sempre, diceva che per capire se un cavallo sta bene devi vedere come muove le gambe la mattina, i calciatori sono la stessa cosa. È così che vedi se sono in forma oppure no. Poi – aggiunge – entri nel centro, guardi le statistiche e i dati e capisci se confermano quello che hai visto oppure no”.
Insomma, vanno bene le statistiche e tutte le altre analisi che fanno gli allenatori di oggi, ma i numeri freddi non ti danno il quadro completo della situazione di campo. Allegri a tal proposito fa un esempio: “Se ho visto che un giocatore ha corso poco, ha fatto per dire 3000 metri, con un’intensità cardiaca molto alta vuol dire che il calciatore sta male. Se non guardo il giocatore che corre, ma guardo solo il dato dell’intensità cardiaca, per me il giocatore ha fatto un grande allenamento perché il cuore è andato alto. Dico sempre ai miei assistenti di vedere come i calciatori muovono le gambe, non il computer. Nella mia ignoranza non ho neanche un computer a casa, ho un iPad che mi ha regalato la Juve. Lì – insiste – ci guardo le partite e studio qualche dato. Fortunatamente ho una buona memoria e riesco a ricordare cosa succede nelle partite”.
Insomma, il Virtual Coach non ha ragione di esistere, perché a calcio non ci giocano dei robot, ma esseri umani che hanno delle emozioni e delle attitudini impossibili da meccanizzare. “Ora siamo davvero apposto. Se meccanizzi tutto non hai più calciatori pensanti. Se i calciatori sono abituati a passare da quella porta, ma quella porta è chiusa, finiranno per sbatterci la testa. Se i calciatori sono allenati a pensare, troveranno un’altra strada – ammette – . Devo mettere in condizione gli altri di far arrivare la palla ai Ronaldo, Dybala, Ronaldinho, Seedorf o Pirlo quando poi questi hanno la palla decidono loro cosa fare, qual è la scelta migliore. Mio figlio ha otto anni e ogni tanto guarda i video su YouTube, le grandi giocate che fanno, offensive e difensive perché il calcio è arte. In Italia la tattica, gli schemi, sono tutte cazzate. Il calcio è arte e gli artisti sono i grandi campioni, non devi insegnare niente, li devi ammirare e metterli nelle migliori condizioni di fare bene. È bello quando vedo un grandissimo campione fare grandi giocate. Io in panchina sono spettatore di uno che fa spettacolo che è il giocatore”.
Tra quelle che Allegri considera leggende metropolitane, c’è il fatto di guardare la partita dall’alto o piazzare in tribuna un collaboratore, per avere una migliore visione di ciò che accade in campo. “Una mega cazzata, una delle più grandi cazzate che abbia mai sentito dire è che l’allenatore deve vedere la partita dalla tribuna. L’allenatore – prosegue l’ex allenatore della Juventus – deve stare in panchina, deve respirare la partita, deve capire il momento in cui c’è da cambiare un giocatore e il momento in cui c’è anche bisogno di togliere il migliore perché la squadra ha bisogno di un altro giocatore. Come fai a vederlo dalla tribuna? A me è capitato di stare in tribuna da allenatore e la vivi in modo distaccato. Non senti pestare il campo, non guardi i giocatori in faccia. Ci sono giocatori che li guardi in faccia e l’allenatore deve capire che è il momento di cambiarlo, di dirgli una parola di sostegno o spronarlo. Se te non sei lì come fai? Sei solo capace di telefonare col telefonino e dire: ‘cambio’, come il tifoso. In campo la percezione è diversa. Ora il calcio è diventata una scienza, allora l’allenatore può andare al cinema”.
Infine, un aneddoto su Bruno Giorgi, uno degli allenatori dai quali Allegri dichiara di aver tratto importanti insegnamenti. “Quando giocavo io, 30 anni fa io avevo Bruno Giorgi, uno di quei vecchi allenatori che ora sono denigrati. Io lo avevo a Cagliari e lui nella lavagna metteva i calciatori a coppie e a fine partita diceva: ‘chi vince più duelli vince la partita’. Io in quel momento dicevo: ‘Ma guarda questo…’, ma l’ho rivalutato perché il calcio è questo. Hai davanti uno – riconosce il tecnico livornese – e lo devi superare. Quando la palla viene rinviata, se vinci il duello aereo di testa, invece di avere la palla a 20 metri dalla tua porta ce l’hai a 70, se ne vinci 18 su 20 è più difficile che in due occasioni ti facciano gol. Una sera ero a cena con Munari che è il più grande direttore sportivo di rugby italiano. Lui ha detto: ‘Il rugby è un gioco di squadra a 1+1+1+1 arriviamo a fare la squadra’. Il calcio è uguale”.