Alex Del Piero: “si, ho un grande futuro”
Già sistemato sul Sunset Boulevard chissà quante volte, dopo un infortunio o qualche partita storta, a 35 anni, compiuti ieri, Alex Del Piero si appresta a ripercorrerlo di nuovo contromano. Infischiandosene del tempo che passa, di noi che ne descriviamo cadute e risalite, e pure di qualche allenatore che l’aveva quasi rottomato in panchina, non troppi anni fa. Ai 35, ci arriva da fenomeno difficilmente replicabile, dopo aver razziato trofei e quattrini: troppo giovane, rispetto ai coetanei della società civile vessati dalla gerontocrazia imperante (italiana); quasi anziano, al contrario, negli spogliatoi di uno sport professionistico che divora sempre più velocemente le sue icone, o fatica a fabbricarne delle nuove. \r\nTanto per cambiare, Del Piero sta percorrendo l’ultima rampa, accidentata dall’infortunio del primo ottobre scorso ai muscoli della gamba. Dentro una stagione ripida fin da subito, avendo sgranocchiato appena sei minuti di campionato, il 27 settembre, dopo essere stato stoppato da una botta alla schiena nel cuore d’agosto. Rimetterà i piedi in campo dopo la sosta della Nazionale, il 22 novembre, e intanto ha spedito su youtube il proclama. Tecnicamente, lo spot per il lancio del suo nuovo sito web, www.alessandrodelpiero.com, in rete a fine mese, ma va benissimo anche come manifesto di un’esistenza: «L’attesa è stata lunga – dice il capitano bianconero – e mi sto preparando senza risparmiare energie. Sto crescendo giorno dopo giorno. Ho un grande futuro davanti. Sarò migliore di prima. Sarò più completo. Ho voglia di ricominciare. E continuerò ad andare in rete». Dev’essere questa l’indole che l’ha spinto fin qui: «Lavorare, impegnarsi, migliorare, sempre, senza accontentarsi mai», raccontò nel suo libro, “10+”. L’evoluzione del campione. Undici anni e un giorno fa, a Udine, gli capitò il crack che tagliò in due la carriera: «Fu uno spartiacque». Rottura dei legamenti, rincorrendo un pallone ormai perso. Risalì il viale del Tramonto anche quella volta. «Dopo l’infortunio, ho mantenuto stabile il numero di assist, ma ho migliorato la mia media di gol segnati per minuti giocati».\r\nQuassù c’è arrivato tenendo la vita sotto controllo, considerata la notorietà: rarefatte escusioni agli appuntamenti mondani, ancora meno visioni albeggianti in discoteca, e un universo concentrato attorno alla moglie Sonia e al piccolo Tobias, i film in dvd, i match degli amati Lakers in tv, e le partite sul campo da golf. E filo spinato attorno alla privacy: «Non dimentico che io con il mio lavoro sono sotto gli occhi di tutti. Però c’è sempre qualcuno che riesce a violare la tua intimità e a me le foto rubate danno fastidio, non ci sto».\r\nIl resto è pianificato sul pallone, senza lasciare spazi alla casualità, a partire dall’allenamento, per il quale ha «una cultura quasi maniacale», confidò una volta Giovanni Bonocore, da poco più di un anno suo preparatore personale. C’è l’orario di lavoro a Vinovo, e quello a casa, con corse e palestra. A seguirlo, insieme al preparatore, un’équipe: un metodologo dell’allenamento e un fisico delle “alte energie”. «Ogni partita viene vivisezionata», spiegò Alex, per ricavarne dati e parametri fisici. E un dietologo, perché anche la tavola vuole i suoi sacrifici, dalle amate patatine fritte («il piatto preferito») ai dolci. Legislazione violata solo nel segreto del ritiro, qualche volta, o sull’impeto di una delusione: «Una pizza e birra ordinate a notte fonda», o «quel lunedì sulle piste da sci dopo l’ennesima, assurda panchina».\r\nPoche sparate, però. Al massimo una digressione epica, da Achille: che vince la guerra, «ma non ringrazia Agamennone-Capello». Le regole l’hanno conservato, anche fisicamente, tenendolo al riparo dall’ecatombe di infortuni. Meno quest’anno, ma è pronto a ripartire. Al solito, contromano, come quando si prese la convocazione a Euro 2008 da capocannoniere della A, dopo che Donadoni l’aveva tenuto lontano per mesi. Del resto, gli è sempre piaciuto trasformare i fischi in applausi. Come diceva John Madden, il coach dei Raiders caro ad Alex: «“Nel momento in cui mi fischiano, diceva, vuol dire che mi temono. E non c’è niente di più assurdo che io entri in campo e nessuni mi fischi”. Quello che ti può abbattere, i fischi, le prese in giro, lo devi solo trasformare in forza positiva». A 35 anni, ci è arrivato anche così.\r\n\r\nCredits: La Stampa\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it