Agnelli: “La Juve pensa solo a vincere” (Video)
Andrea Agnelli, presidente della Juventus, ha rilasciato un’intervista da ben 90 minuti a Sky: gli spunti salienti della chiacchierata con i giornalisti
Andrea Agnelli, presidente della Juventus, ha rilasciato un’intervista da ben 90 minuti a Sky Sport. Il numero uno del club bianconero non ha lesinato stoccate a chi continua a dire che la Juve vinca un campionato poco competitivo: “Chiunque gestisce una società – esordisce – ha l’ambizione di vincere e noi l’abbiamo. Chi sta alla Juventus deve pensare solo a una cosa: vincere. Le valutazioni sulla qualità del campionato le lasciamo alla critica. Esiste lo stile Juventus? Sinceramente non lo so, è qualcosa che gli altri hanno trovato noi. Lo stile Juventus è vincere, quindi sicuramente esiste ancora”.\r\n\r\nLa squadra di allegri ha concluso la stagione con una Supercoppa, il campionato e la Coppa Italia: in pochi lo avrebbero pronosticato dopo l’avvio stentato: “La cosa migliore della stagione – le parole di Agnelli riportate da ‘Tuttosport’ – è stata come è iniziata e come è finita. Abbiamo iniziato in Cina con un trofeo e finito a Roma con un altro trofeo. Questa è la cosa più bella. La parte più brutta è stata la gestione del periodo di inizio novembre, prima del derby. La compattezza del nostro gruppo di lavoro ci ha dato la carica per risollevarci. Il rapporto con Allegri è ottimo, non ho mai cercato di condizionare le sue scelte”.\r\n\r\n\r\n\r\nQuanto al futuro, Agnelli puntualizza subito che la Juventus continuerà a cercare la vittoria tenendo in ordine i conti: come del resto è avvenuto negli ultimi anni e come del resto avveniva ai tempi della ‘triade’ prima di Calciopoli. La Juventus si deve mantenere sulle proprie gambe: “Chiedere un aumento di capitale ogni due o tre anni – sottolinea – vuol dire gestire un’azienda che non è sana o avere uno stile di gestione che non è appropriato. Il rapporto con John Elkann non è buono, ma di più. Il nostro obiettivo è avere una società vincente che sia indipendente dal punto di vista economico. Siamo partiti da una perdita di 95 milioni dimezzandola anno su anno, abbiamo raggiunto 350 milioni di fatturato e un equilibrio economico-finanziario riuscendo a vincere: vuol dire che si può fare. Dal mio punto di vista la società è ben impostata per reggere alle sfide dei prossimi due o tre anni. Poi bisognerà capire cosa succederà al calcio italiano ed europeo per comprendere come restare competitivi e non perdere terreno dalle grandi potenze”.\r\n\r\nDa qualche mese si parla della possibilità da parte della Juventus di acquistare un club satellite: ci sono opzioni soprattutto in Portogallo, che potrebbero rappresentare un’ottima fucina per i talenti del futuro. “Sono delle possibilità che esistono e che possono essere utili e strumentali per avere un’armonizzazione con altre realtà competitive. Questo deve essere uno dei pilastri del calcio europeo nei prossimi anni. Il fatto di avere extracomunitari in rosa, in alcuni Paesi c’è libertà totale, in altri è contingentato, così come finestre di mercato aperte più a lungo o meno a lungo in altri Paesi. Sono delle possibilità che stiamo valutando, ma al momento non è all’ordine del giorno”, ammette.\r\n\r\nCaso Bonucc-nazionale: ecco com’è andata secondo il presidente della Juventus. “Non esiste galateo con la Nazionale. Non abbiamo dato il giocatore prima della finale di Coppa Italia, anche se squalificato, perché ci faceva comodo tenerlo negli allenamenti e nello spogliatoio come uomo squadra. Un conto è affrontare Bonucci in allenamento, un altro è misurarsi con un ragazzo della Primavera. Mi sorprende che questo non sia capito”.\r\n\r\nQuanto all’aspetto strettamente sportivo, Agnelli ribadisce che l’anima della Juve sarà sempre italiana: “Senza lo zoccolo duro di calciatori italiani, che danno identità, difficilmente ci saremmo rialzati a novembre”.\r\n
Agnelli e i presidenti stranieri
\r\nCon Inter e Milan in procinto di passare quasi interamente in mani estere, la Juventus rimarrebbe l’unica squadra storicamente in mano ad una stessa famiglia per tanti anni: “Che cosa lega la mia Famiglia a Torino? Tantissime cose. In prima battuta la residenza mia e di mio cugino a Torino, viviamo lì. Se pensiamo ai grandi investimenti che sono stati fatti negli ultimi anni a Torino, dobbiamo pensare alla Juventus con il nuovo stadio e alla fabbrica della Maserati a Grugliasco, quindi grandi investimenti sono stati fatti sul territorio. Se poi vogliamo andare a valutare che la sede civile di FCA non sia più a Torino, ma sia oggi in Olanda, ed essere Torino uno dei quattro centri direzionali, vuol dire essere un attimino miopi. Il centro direzionale per l’Europa e l’Africa rimane Torino – evidenzia ancora – , quindi Torino rimane assolutamente centrale. Al di là di quegli investimenti, rimane il grandissimo affetto per la città. Per quanto riguarda i prossimi appuntamenti amministrativi, io sono spettatore privilegiato, perché sono residente a Fiano Torinese, quindi voterò per altri candidati, quindi da questo punto di vista sono spettatore privilegiati. I rapporti miei personali, della Juventus e di FCA, saranno con le istituzioni e i rapporti saranno ottimi. Capitali stranieri in Italia? Ben venga chi vuole investire nel calcio. Con i proprietari stranieri della Serie A come Saputo del Bologna e Pallotta della Roma c’è ampia sintonia. Aumenta la competitività”.\r\n\r\n\r\n\r\nDurante la sua presidenza, Agnelli ha dovuto gestire l’addio di Alessandro Del Piero: “Ogni situazione è figlia dei suoi momenti. È un principio che vale per qualsiasi azienda, non solo per la Juventus. Juve più importante degli uomini? Steve Jobs non è più alla Apple, ma la Apple è diventata la società con la maggiore capitalizzazione al mondo successivamente. E non c’è più Steve Jobs. Qualsiasi azienda deve essere superiore ai propri uomini”.\r\n\r\nSudditanza psicologica, se ne parla sempre per la Juventus, ma ad Agnelli la questione non importa minimamente: “I cliché uno non li cambierà più. Se poi uno parla con i miei della parte sportiva, è tutto stravolto. Fa parte della tradizione. Non mi scoccia e non mi dà fastidio. Fa parte di quelli che sono i nickname o i soprannomi. I forti non hanno vantaggi? Se uno passa il 90 per cento del tempo nell’area avversaria, probabilmente prende più rigori di chi ci sta il 10 per cento”, conclude.\r\n\r\n