Se ho pianto per lo scudetto? Ho realizzato solo qualche giorno dopo, quando ho parlato alla squadra: lì ero emozionato. La sera della vittoria non mi sembrava reale, sentivo i clacson della gente: non mi ero ancora reso conto di averla fatta grossa. Perchè non sono andato a Trieste? Come per le ultime quattro trasferte. Quella con il Cesena l’avevo seguita con le mail, in un parcheggio di una fabbrica della “Chrysler”, a Detroit: figurarsi quando ho visto scritto 4 minuti di recupero. La svolta della stagione? A Napoli, il discorso dell’allenatore, all’intervallo. Ho pensato: “Ce la giochiamo”. Ha fatto capire le potenzialità dei giocatori, ha cambiato la mentalità. Altri 5 minuti e la vinciamo 5-3, non 4-3 (finì 3-3, ndr). La frase ‘Dal Paradiso all’Inferno e ritorno’? Dissi: ‘Se l’anno prossimo, di questo periodo, avremo questi problemi, allora avremo un problema. Ma erano due settimi posti diversi: il primo di fine ciclo, quello in piena fase di ristrutturazione’.
\r\nI tifosi continuano ad interrogarsi sulla presenza della terza stella sulla maglia.\r\n
Per noi gli scudetti sono trenta: come ho detto, sulla maglia ci sarà una sorpresa. Alla Cnn ho parlato di 28 scudetti? Sul campo, trenta. Poi c’è l’albo d’oro della Federazione. Come c’era la nostra domanda per una parità di giustizia. E il nostro esposto rimasto senza risposta: sarebbe stata un’opportunità politica da parte della Figc per rimettere a posto le cose. L’Inter, che nel 2006 era arrivata terza perché in mezzo a noi c’era il Milan, è andata in giro con lo scudetto degli onesti. Tutt’al più dei prescritti. Noi rispettiamo le istituzioni, abbiamo accettato le sentenze, e chiesto di rivedere un episodio: non l’hanno fatto, quello è stato uno sgarbo.
\r\nIl processo di rinnovamento della Juventus, comunque, è appena iniziato e Agnelli spiega come si continuerà a lavorare dopo lo scudetto.\r\n
Ho ristrutturato la Juve? C’è stato un processo di grande rinnovamento, sportivo e aziendale: ogni anno dieci giocatori nuovi. In quel contesto cercare il campione che ti cambiasse il rendimento della squadra era impensabile. Oggi puoi pensare di farlo. Ma poi si apre l’altro interrogativo: andiamo a creare disequilibri o inseriamo un valore aggiunto? La risposta dipende anche da quel che si trova sul mercato: un conto è dire ho capacità di spesa illimitata, un altro che devo trovare il campione giusto a un prezzo accessibile e ragionevole.
\r\nSul mercato, poi, Agnelli chiarisce che non c’è nessun salary cap a frenare le trattative:\r\n
Se ci siamo dati un salary cap? No. Dico solo che la Juve ha una capacità di fuoco, cioè stipendi più ammortamenti, che sta tra i 150 e i 160 milioni di euro. E che questo ci pone nelle prime dieci in Europa. Entro questa, vale tutto. Se poi vale l’equazione, rendi per quanto costa la squadra, sei sempre almeno negli ottavi o nei quarti di Champions League. Cruijff diceva: ‘Vinca il migliore, al di là del budget’? Sono epoche diverse. Oggi si è modificato tutto, basta prendere gli ultimi due decenni: i principali Paesi sono dominati da poche squadre. Quelle con bacino di utenza, che portano gente agli stadi e vendono immagini televisive. Se di una star, pesa di più il prezzo di acquisto o la busta paga? Lo stipendio è quello che squilibra di più. Come ho fatto a capovolgere il mondo? Duro lavoro da parte della società, e della parte sportiva. Direi Marotta, Paratici, Giovanni Rossi, Nedved, Pessotto. La capacità vera è tenere una squadra competitiva costante nel tempo, senza arrivare a fine ciclo. Noi eravamo a fine ciclo: e a un certo punto devi sapere chi cambiare. Via Zidane, uno che sembrava insostituibile, per Nedved, Thuram, Buffon. L’esempio più lampante, la capacità di rinnovarsi. Se il top player è la squadra, come ricordava John Elkann, Van Persie, Higuain e compagni sono impossibili? Assolutamente no: volendo, si può fare. Due anni fa sarebbe stato inutile: c’era da costruire la casa, inutile metterci una tv al plasma. Poi bisogna fare valutazioni a 360 gradi: vedere se uno è un bravo ragazzo o uno spirito ribelle. Tevez o Van Persie. Quando non ero presidente chi avrebbe preso? Mi importava vincere. Van Persie ha fatto un giro turistico a Torino? Ah sì?
\r\nPoi una battuta su Del Piero…\r\n
Tutte le storie hanno una fine. Neppure il miglior sceneggiatore avrebbe immaginato di meglio: lui che alza la Coppa dello scudetto, nel nuovo stadio di cui sentiva parlare da quando era qui.
\r\nPrima lo scudetto, ora la Champions, i tifosi possono continuare a sognare?\r\n
Più difficile vincere la Champions o portare la ‘Ryder Cup’ in Italia? Sono due cose diverse. Per la Juve, stando alle risorse disponibili, vincere la Champions è un obiettivo. L’anno prossimo partecipa e ha l’ambizione di vincere. Siamo andati oltre la nostra pianificazione, non oltre la nostra ambizione. Portare la “Ryder Cup” qui è davvero difficile, perché il peso specifico del golf italiano su quello mondiale è marginale. Chi vince tra la Juve di Capello e quella di Conte? La Juve”.