Nedved: “Allegri ha superato Conte, Napoli spettacolo? Io…”
Pavel Nedved, vicepresidente della Juventus, ha parlato alla vigilia della partita con la Lazio: l’ex Pallone d’Oro tra passato e presente
Pavel Nedved è stato intervistato da ‘Repubblica’ alla vigilia di Juventus-Lazio. Prima di approdare a Torino, il vicepresidente bianconero giocava proprio con i biancocelesti, ma il passato di calciatore oggi lo vede molto lontano, senza rimpianti.
“Non penso mai a Nedved. Nedved non c’è più, ora c’è un altro – spiega l’ex Pallone d’oro – . La vita adesso è tutta diversa e mi piace da matti. Non mi alleno più, faccio solo mantenimento. Oggi (ieri, ndr) ho portato mio figlio a scuola alle sette e mezza, poi un’oretta di palestra senza spingere, poi questa intervista, poi vado a Vinovo dai ragazzi e stasera un’altra ora e mezza di corsa o bici o palestra: ce l’ho in casa. E tutti i giovedì partitella sul campetto di periferia col presidente e con gli amici, giocare a pallone è bellissimo”.
Dal campo alla scrivania, non è stato facile per Nedved, uno abituato a correre anche a Natale, quando gli veniva concesso magari un giorno di riposo.
“Una volta smesso ho imparato un altro mestiere. Dopo la prima assemblea degli azionisti durata quasi 6 ore – continua – , ho pensato: peggio di tre allenamenti di fila! Poi andai in palestra per scaricarmi e pensare. Col presidente Andrea Agnelli ci siamo piaciuti subito perché ci dicevamo tutto. Sempre diretti, in faccia. Ci somigliamo. E se devo dirgli che secondo me sbaglia, glielo dico. Lui non ti risponde subito, ma ti ascolta. E dopo un paio di giorni, se ci crede, fa quello che gli hai detto tu. È un uomo leale. È vero che prendo a calci le sedie? Quella che ho davanti nel mio posto allo stadio è sfondata. Se un giocatore non arriva sul pallone, io allungo la gamba d’istinto. E a Vinovo, se la palla viene verso di me la stoppo e la ripasso. Ma non devo pensare più da giocatore. All’inizio andavo nello spogliatoio e parlavo come uno di loro: non era giusto. L’ho capito poi. Ma fare il dirigente è molto, molto più difficile. Il primo scudetto da consigliere mi ha dato più soddisfazione degli altri, giuro. Svelti a risalire? Non credevo. Il presidente è stato bravissimo nello scegliere le persone, il direttore Marotta, Fabio Paratici, prima Conte e poi Allegri: mosse perfette”.
Nedved: “Allegri ha superato Conte”
Poi, il vicepresidente della Juventus si sofferma proprio sugli ultimi due allenatori, sottolineando i pregi e tracciando le differenze.
“Conte ci ha ridato sangue – ammette – , io lo capisco perché il mio assomiglia al suo. Ma è andato via perché pensava che non avrebbe potuto fare di più. Allegri l’ha superato: è vero che ora vogliamo Simone Inzaghi? Al mister siamo legatissimi ma, prima di tutto, grati, perché ha preso la Juve in un momento difficilissimo e guardate dove l’ha portata. Inzaghi è davvero così bravo? Mi viene da ridere, eravamo compagni di squadra e lui era un pigrone: grandissime doti un po’ buttate via. Anche Allegri come giocatore era così? Si cresce, si fanno figli e si cambia”.
Quest’anno il campionato si sta rivelando più difficile del passato. Il Napoli continua a giocare a memoria e secondo gli addetti ai lavori la Juve si sarebbe indebolita: insomma, i partenopei sono favoriti per lo scudetto?
“Quest’anno Juve più forte o più debole? Non si può ancora dire, sei okay solo se vinci. A me però piace tantissimo e può diventare più forte dell’ultima. Ha molti più ricambi in attacco, anche se dietro con Bonucci ha perso qualcosa: però, chi è rimasto lo vale. Tutti dicono che il Napoli gioca meglio? Forse che noi non sappiamo giocare? Il Napoli sembra più spettacolare. Sembra: perché va veloce e finalizza molto. Io però mi diverto anche con Dybala, Douglas Costa, Bernardeschi: devo nominarne altri? E poi, cos’è la bellezza? Una triangolazione? Prima o poi qualcun altro vincerà lo scudetto? Lo so, verrà quel giorno. Il più tardi possibile. La Lazio ci ha già portato via la Supercoppa? Bella squadra, ha giocatori giusti e un direttore sportivo come Tare che si vede poco, parla niente e lavora molto. Come il nostro Paratici. E Peruzzi è una persona fantastica che sa di calcio e lo capisce”.
Dalla Lazio alla Juve, Nedved ammette che quando arrivi in bianconero la maglia pesa e non tutti riescono ad esprimersi al massimo delle proprie qualità
“Juve-Lazio, le due vite di Nedved? No, è sempre stata una sola: lasciare tutto di me sul campo. In cosa è diversa la Juve? Ho visto grandi giocatori non reggere il peso di questa maglia – prosegue – , che ha dentro tutti i nomi del passato. Qui è molto più difficile, e se pareggi hai perso. Da straniero dico che l’italianità è la forza in più della Juventus, la continuità della proprietà familiare è unica al mondo. Dybala diventerà il più grande degli ‘umani’ (Messi non lo è) perché ha testa e sa lavorare sugli errori. Ce lo porteranno via? Spero di no, ma dopo Neymar tutto è possibile, il mercato è impazzito. Bisogna trovare tutti insieme il modo di tenere i giocatori: alla fine decidono loro, e se hanno le palle restano. Per me è stato difficile avere Raiola come procuratore? Litigavamo spesso e alla fine sceglievo io: si può. Se si pensa solo ai soldi si sbaglia di sicuro”.
Nedved il Var e l’inibizione di Agnelli
Infine, una battuta sul Var e sul processo sportivo per il caso biglietti, che ha visto il presidente Agnelli inibito per un anno.
“Perché il Var piace così poco alla Juve? Non è vero, ben venga la tecnologia, ma dev’essere uguale per tutti. Io però credo che il Var abbia tolto qualcosa al calcio, una parte di emotività: fai gol e non sai se puoi esultare. Con certi personaggi della curva siamo stati leggeri o altro? C’era sempre la Digos, eravamo in tre: per questo la squalifica di Andrea è una ferita aperta e un’ingiustizia. A me è sempre piaciuto correre sotto la curva, ogni tanto ci vado ancora. Siamo stati noi a volere lo stadio per le famiglie prima di tutti gli altri. E se qualcuno mi chiede di comprare i biglietti ed è incensurato, io per legge glieli devo vendere. Abbiamo superato Cardiff? Quella sera eravamo sicuri che fosse arrivato il nostro momento e non abbiamo tenuto conto di un Real Madrid impressionante. Forse con la Champions sono io che porto sfiga, ma ci riproveremo”, conclude.