Marchisio: “Il mio sogno? La Juve a vita”
Con il passare degli anni Claudio Marchisio si è preso sempre più la Juventus: se si eccettua l’anno di prestito ad Empoli, il centrocampista bianconero non si è mai tolto la maglia bianconera di dosso. Dopo essere diventato il ‘Principino’ e uno degli idoli dei tifosi della Signora, sarà di sicuro Claudio ad indossare presto la fascia di capitano. Insomma, un destino da bandiera a tutti gli effetti: “Mia madre me lo diceva, quando ero piccolo, che i sacrifici oggi portano sempre a qualcosa di buono domani. E aveva ragione”, rivela Marchisio in una lunga intervista al ‘Rivista Studio’. “Mi allenavo già cinque volte alla settimana abitando a 50km dal campo, e non avevo tempo per uscire, per farmi un amico del cuore con cui studiare assieme il pomeriggio. Il consiglio di mia madre fu preziosissimo, mi ha portato dove sono oggi”, ha proseguito il centrocampista della Juve.\r\n\r\nUna vita praticamente alla Juventus e nessuna intenzione di cambiare casacca, Marchisio è chiaro: “È sempre stato il mio sogno principale da bambino: ho iniziato alla Juve nel ‘93, a sei anni, e quando ci sono arrivato non c’era assolutamente l’idea di arrivare in prima squadra e fare il calciatore. Il mio obiettivo è cercar di fare tutta la mia carriera alla Juve. Si parla di bandiere che non ci sono più, di calcio globale che cambia, di valori che si sarebbero persi. Io ho solo in mente di fare il numero più alto di presenze con questa maglia. Sarebbe il massimo per me: diventare una bandiera della Juve. Vorrei poter non andare più via”.\r\n\r\nQualcuno continua a definirlo ‘soldatino’, appellativo con il quale veniva solitamente indicato Angelo Di Livio: “Può essere fraintesa, ma la parola soldatini non mi dà così fastidio. Quando si entra alla Juve, si entra in una famiglia, si cresce assieme seguendo determinate regole. Il gruppo unito, dai vertici all’ultimo di noi, è la forza di questa Juve e di quelle del passato. Ricordo gli Juve-Milan o gli Juve-Inter di quand’ero piccolo: sulla carta eravamo inferiori come rosa, ma poi alla fine vincevamo e il commento unanime era che la forza stava nel gruppo. Se per soldatino intendiamo questo, fiero di esserlo”, ha concluso Marchisio.