Eredità Agnelli, le 48 domande che non sentiremo
Le domande (e le risposte) che in tribunale non sentiremo. Oggetto: l’eredità Agnelli. Non le sentiremo perché il tribunale, che tra un mese potrebbe pronunciarsi definitivamente, ha respinto tutte le prove e i testimoni di Margherita Agnelli de Pahlen. Però nelle carte della causa le domande ci sono. E spuntano anche altre storie: un presunto fondo ereditario che gli Agnelli si tramanderebbero; le lettere in codice tra gli avvocati Franzo Grande Stevens ed Emanuele Gamna su un’«interlocutrice romana». Di un «Rapporto Zunino», estraneo al fascicolo giudiziario, si sono invece occupati ex 007 dell’agenzia investigativa Kroll su mandato di Margherita: Zunino comprò il Lingotto da Fiat. Andiamo con ordine. \r\nVero che?\r\nIl contenzioso sull’eredità ruota intorno al presunto mandato orale che l’Avvocato avrebbe attribuito ai manager Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron per gestire il suo patrimonio. Una parte del quale, sospetta Margherita, non ancora emerso. Sono 48 le domande che la madre di John e Lapo Elkann (e di altri sei figli) avrebbe voluto sottoporre ai tre manager e a molti testimoni e sono contenute in una memoria depositata dai sui ex legali. La prima sarebbe stata per Gabetti in un interrogatorio formale: «Vero che a partire dall’inizio degli anni Settanta il dottor Gabetti ha fatto in modo che Donna Marella Caracciolo assumesse la residenza svizzera, raggiungendo, con i competenti uffici fiscali di quel Paese, un cosiddetto accordo di tassazione a forfait destinato ai cittadini stranieri?». Altri quesiti toccano presunte disponibilità, extra ed estere, di Gianni Agnelli: «Vero che tutte o parte delle azioni Exor cedute mediante Opa nel 1998 la cui titolarità era rimasta sconosciuta erano direttamente o indirettamente riconducibili a Giovanni Agnelli quale beneficiario economico?». La cosa curiosa è che i legali di Margherita avrebbero rivolto la domanda anche al loro teste Antonio Giraudo, ex amministratore delegato della Juventus, ritenendolo quindi ben introdotto negli affari privati degli Agnelli.\r\nUn fondo ereditario\r\nEsiste un fondo, su conti esteri, che gli Agnelli si tramandano per via ereditaria? Sì, secondo Margherita. In un documento dei suoi legali si dice che la signora de Pahlen «ha ricostruito documentalmente quantomeno l’esistenza di un patrimonio iniziale all’estero del proprio padre… pari a circa 24 milioni di euro» e sarebbero «disponibilità liquide depositate su conti bancari all’estero riferibili storicamente alla famiglia Agnelli e che verosimilmente sono pervenute al senatore Agnelli in via ereditaria». In questa acrobatica ricostruzione il «tesoretto» familiare non sarebbe altro che l’importo (rivalutato) indicato falsamente 14 anni fa, durante le inchieste sui fondi neri Fiat, come «disponibilità extracontabile» per infiltrare informatori nella struttura delle Brigate Rosse, ramificata nel gruppo: 30 miliardi di lire.\r\nL’interlocutrice\r\nNell’estate 2003, poco dopo la rottura sull’eredità, Grande Stevens ed Emanuele Gamna, allora legale di Margherita, si scambiano alcune lettere parzialmente «criptate». Il tema è la figlia dell’Avvocato che vuole «una visibilità complessiva» sui beni del padre. «Nell’incontro dell’altro ieri — dice Grande Stevens — la nostra saggia interlocutrice romana (che naturalmente dobbiamo informare) aveva opportunamente suggerito che incaricati dell’accertamento potessero essere persone di assoluta fiducia di MT (Margherita, ndr )… ». «Per il resto — è scritto in un’altra missiva — come giustamente disse la nostra ospite romana, se MT dichiarasse preliminarmente di accettare eventuali disposizioni di suo padre a favore di eredi e/o terzi, qualunque sia stata la loro forma (anche non sacramentale), dovrebbe essere più facile… bussare alle altrui porte per avere il ‘quadro complessivo’». L’interlocutrice-ospite che fu direttamente coinvolta era quasi certamente Susanna Agnelli, sorella di Gianni.\r\nIl rapporto\r\nGli investigatori ingaggiati e pagati da Margherita hanno a lungo lavorato e scavato anche sull’operazione del 2003 che portò Luigi Zunino ad acquisire da Fiat la società immobiliare Ipi, quotata in Borsa e proprietaria, tra l’altro, del Lingotto, il quartier generale storico del gruppo torinese. A Torino andarono 267 milioni in un momento di crisi nerissima. L’investigazione, tuttavia, è risultata insoddisfacente ai fini della causa ereditaria. E così il dossier dal titolo «Rapporto Zunino» è stato accantonato.\r\n\r\nCredits: Corsera\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it