Moggi: “La Juve una grande malata che quando sta per guarire…”
La Juve arranca davanti ad obiettivi progressivamente ridimensionati. Dimenticate il quarto posto, avevamo scritto nell’immediatezza dell’ennesima sconfitta. E anche se la caduta di Lazio e Palermo non ha peggiorato la classifica, neanche nei più neri progetti di chi contribuì all’infernale macchinazione di Calciopoli era forse previsto uno scenario del genere. Lo tsunami costruito a tavolino è stata una spallata di assoluta violenza, tuttavia la forza di quella Juve era tale che, pur decimata da fughe e rapine (molti avvoltoi ne hanno approfittato), resistette per qualche anno con ciò che restava del suo zoccolo duro. Fu quella situazione che fa dire ancora oggi a Cobolli Gigli di aver operato bene con la sua Juve, dimenticando che essa si reggeva per gran parte sull’eredità residua della triade. Avviatosi all’esaurimento quel lascito, per l’usura naturale dei calciatori, la Juve avrebbe dovuto provvedere con capacità pari ai discorsi ambiziosi di quei giorni; ma i programmi conditi di salsa francese si sono rivelati tronfi e mai concreti. Mai un campione o simile che fosse inserito nella squadra, per potervi costruire attorno. Un difetto purtroppo insito anche nel progetto di Marotta. Di fronte ai diffusi apprezzamenti per l’operato del dg, ebbi qualche dubbio. Dissi che stando alla Juve bisognava ragionare “da Juve” e, andando per concetti generali, rilevai che era meglio andare su due-tre ottimi elementi piuttosto che su un lungo elenco di pedine discrete. I giocatori forti sono quelli che fanno vincere e ti sorreggono anche nei momenti difficili. Ci sono nel Milan e nell’Inter, ma anche in altri club, ad esempio Lavezzi, Hamsik e Cavani nel Napoli. Un segreto, poi, nient’affatto misterioso. Si fa fatica a trovare un solo giocatore di queste caratteristiche nella Juve di oggi, fatta eccezione per Buffon e Del Piero (quest’ultimo ormai avanti negli anni): ed è qui che si devono ricercare le cause di tante sconfitte. Una grande malata, che sembrava d’improvviso guarita con il cambio dell’allenatore, è incorsa ancora nel vizietto di sempre. Un bel primo tempo, poi l’oscuramento, ma c’è un indizio che spiega l’arcano o molta parte di esso. La Roma è esistita fin quando è stato in campo Pizarro (che Ranieri escludeva), poi il buio e un pari che è poca cosa. Meno male per la Juve, perché diversamente i giallorossi si sarebbero portati a +4. È tempo per i bianconeri di contare anche questi strappi se si vuole pensare a invertire il trend già sabato con il Milan, ammesso che una squadra di volenterosi sappia trasformarsi come d’incanto davanti ai nemici tradizionali. Di chi le colpe? Mi duole dire che questa Juve è sbagliata, penso alle risorse che occorreranno per rifarla, dopo troppi investimenti buttati al vento. Delneri ha le sue colpe, non c’è un allenatore che non ne abbia quando le cose vanno male, e taluni acquisti avranno magari avuto anche il suo benestare. I tifosi ne chiedono l’esonero: dubito che saranno accontentati. Non vedo colpe per Andrea Agnelli e lo dico con convinzione. È entrato in corsa a management tecnico già avviato, si è fatto convincere dal progetto, che era quello che già c’era e quindi impossibile da cambiare: può cercare ora solo di metterci una particolare attenzione perché non vada tutto fuori pista.\r\n\r\n(Di ‘Luciano Moggi per ‘Libero’)