Napoli: De Laurentiis licenzia Marino in diretta
La vita in diretta non deve essere un granché e quel che resta di Napoli-Siena, un orpello domenicale, è il De Laurentiis show che va in onda dall’alba al tramonto e attraversa l’etere, sfonda nei satelliti e fa polpette di quel che c’era attraverso il sito della società che congeda il dg alle 7 della sera: «Ringrazio Marino per il grande lavoro e i sacrifici che ha fatto per questa società. Con lui ho condiviso cinque anni della mia vita ma le nostre strade si separano. Pierpaolo Marino ha lavorato con grande dedizione, è un professionista serio che avrà un prosieguo di carriera brillante. Ma come capita nella vita e nel cinema i matrimoni ad un certo punto finiscono».\r\nFuori uno; quasi fuori due, perché prima che Napoli-Siena cominci, De Laurentiis sfiducia Donadoni («Tornassi indietro non lo riprenderei») e dopo gli dà un ultimatum che sa di esonero: «Io amo Reja, ma pure lui ha avuto bisogno di tempo per essere quasi imbattibile. Ora torno a casa, prima penso ai film, poi mi isolo e rifletto anche su Donadoni. Possibile che questa squadra debba giocare solo con il 3-5-2? Possibile che Datolo a Milano sia stato mandato in tribuna per aver risposto male? Tu prima lo fai giocare e poi lo metti in riga. E poi a me piacerebbe vedere il 4-4-2 o qualche altro sistema, mica ne esiste uno solo». I cinque anni di luna di miele con Marino finiscono con una serie di attacchi concentrici che non ammettono discussioni e che frantumano un idillio: «Io non voglio accusare nessuno, ma ormai era chiaro, e la gente non è stupida, che qualcosa non andava. L’ho lasciato fare, volevo un ds, uno staff di osservatori; volevo entrare nel calcio scozzese o cinese; volevo capire perché mai acquistassimo calciatori a prezzi così fuori mercato e non vendessimo nessuno. Io un direttore commerciale che non mi vende i diritti cinematografici all’estero lo mando via in tre minuti. E poi, non c’è uno, in sede, che parli inglese o francese. A me dispiace perché io so quanto Marino voglia bene al Napoli e l’ha dimostrato ma c’è un momento in cui bisogna separarsi, che tutto ciò diviene addirittura un’esigenza. E poi ha gestito in maniera monocratica. E’ così che deve andare adesso».\r\nNon c’è tempo per rimediare e i cinque anni di Marino al Napoli sono il passato che non torna: «Chiuso il mercato, è andato in vacanza per dodici giorni. Su Donadoni, che ho scelto io, non parlava. Gli ho dato fiducia al 100% ed ho sbagliato. Ma gli voglio bene».\r\nDomani è un altro giorno, dunque, anche per Roberto Donadoni, tenuto sulla graticola con dichiarazioni che non ammettono repliche, se non riflessioni: «Giochiamo sempre con questo modulo e mi chiedo se è mai possibile non sceglierne altri. Ora ho da pensare anche ai film, però nel pomeriggio medito. Io il 6 ottobre devo andare a Los Angeles, ma prima ho ancora un bel po’ di giorni per mettermi a pensare su dove e come intervenire, eventualmente». Delio Rossi o Roberto Mancini o Walter Mazzarri, che però ama il 3-5-2; e in sede o Gardini o Zanzi. Ma, su tutti, Aurelio De Laurentiis, sceso in campo come un ringhio e deciso a entrare a piedi uniti su una crisi che resta, altro che il 2-1 sul Siena: «Io ero in America e sono dovuto venir qui di corsa. Queste cose competevano al direttore generale, che invece pensava solo alle partite. Io sono sempre vigile, attento, sto con il fiato sul collo, poi intervengo e quando c’è un problema lo risolvo, lo rimuovo». Via Pierpaolo Marino, con la valigia di Donadoni che è sull’uscio e fa niente se domenica c’è la sfida alla Roma, all’Olimpico: «Sono all’apice di una struttura atipica: ho rispetto per chi viene al cinema e per chi viene allo stadio. Ho rispetto per i tifosi. Ne abbiamo cinque milioni sparsi nel mondo».\r\nCiak, si gira pagina.\r\n\r\nCredits: La Stampa\r\nFracassi Enrico per Juvemania.it