Spazio e tempo: la rivoluzione di Max Allegri
Continua a mietere record e a portare a casa trofei, chi critica Massimiliano Allegri non ha capito ancora il suo mondo e la sua visione del calcio, che piaccia o non piaccia, è vincente
Una storia a tinte forti, quella tra Max Allegri e la Juve. Nata nella contestazione, proseguita nella sopportazione prima dell’accettazione, mai culminata però nel vero amore neanche nell’apoteosi dei trionfi ottenuti o almeno sfiorati. Sembra un paradosso, trovandosi al cospetto di uno degli allenatori più vincenti della nostra storia, eppure Max Allegri non è amato dal mondo Juve nella sua totalità. Gli si rimproverava inizialmente di non aver apposto un suo marchio alla Juve post-contiana; quando ne ha smantellato l’impostazione lo si è accusato di non aver proseguito il lavoro del predecessore; nel momento in cui la Società ha venduto pezzi da novanta è stato tacciato di eccessivo aziendalismo senza un moto di ribellione, fino al leit motiv corrente: la Juve gioca male. Inutile ricordare la serie di record battuti in questi anni, i quattro double consecutivi, le finali di Champions che non si vedevano da una dozzina d’anni, la percentuale di vittorie rispetto alle partite giocate e si potrebbe ancora continuare. Sbattere i numeri in faccia ai detrattori serve a poco, ci sarà sempre un ma.
Fortunatamente Max Allegri se n’è infischiato. Certo, si è messo in discussione come tutti i grandi fanno ma le convinzioni che ne sono conseguite ne sono uscite rafforzate e la lista dei trionfi si è allargata a dismisura, come mai in più di un secolo di storia.
Quando si parla di allenatori che hanno contrassegnato un’epoca o fatto registrare un’evidente discontinuità con il passato per far entrare il calcio ad un livello successivo, il suo nome non viene mai menzionato, eppure il calcio lo sta rivoluzionando, ma a modo suo. Nella gestione degli uomini, del campo da gioco, nella grande bellezza di un’asimmetria di moduli, di per sé imperfetta, talmente marcata da risultare perfetta, nella dilatazione del tempo in micro segmenti di partita, ognuno da giocare in modo differente.
Max Allegri immagazzina dati e tempi, dai 90 minuti del singolo match alla totalità della stagione. A volte finge di chiedere conferma su risultati, punteggi, presenze, ma non c’è da credergli, li conosce alla perfezione anche se gli piace giocare per non farsi prendere troppo sul serio. Perché la sua è anima livornese che non gli permette di pensare per 24 ore al lavoro né di far sembrare che ci pensi, ma quando lavora il suo cervello in modalità computer funziona a piena RAM. Vede la partita, quella ancora da giocare, e ne prevede lo sviluppo, o le varie sfumature, e studia come affrontare situazioni ed imprevisti. Una partita non è sfumature di grigio, è colori scintillanti ma diversi, incoerenti, disgiunti. Ad ogni azione segue una reazione, e da quello decide uomini e minuti, quando aggredire e quando respirare. Il tempo è al suo servizio.
Mai banale, Max, neanche quando afferma convinto che il calcio è un gioco semplice, ma lo è solo per chi sa renderlo tale, senza perdersi in rivoli barocchi o dimostrazioni machiste. Un segmento è la linea più breve che congiunge due punti, qualsiasi altra strada fa perdere energie e sicurezze, ma bisogna saper congiungere quei punti, conoscere quella strada, sviluppare competenze anche per percorrere il percorso più breve. Ed è questa la grandezza di Allegri, pensare ed agire come una linea retta anche quando ti passano di fianco mode e santoni.
Spazio e tempo, sempre loro. Diminuire il primo, dilatare il secondo.
Le formazioni schierate ne sono diretta conseguenza, si parte con i primi undici che non necessariamente sono i migliori da mandare in campo ma sono i più funzionali per quella parte di match, gli altri tre tornano utili a seconda delle situazioni immaginate. Non c’è mai improvvisazione, sono reazioni ad imprevisti previsti. Lucidità mascherata da fantasia. E tanta calma, perché c’è sempre tempo quando il tempo è tuo alleato e hai già deciso quando e come dividerlo.
Spazio e tempo: la rivoluzione di Max.