Una sentenza UE provoca una bufera per i diritti TV sul calcio: sarà decoder selvaggio?

Tutto ha preso avvio da una multa di 8000 sterline (9.300 euro): l’aveva presa Karen Murphy, la 47nne proprietaria di un piccolo pub di Portsmouth il Red White & Blue Pub, per aver trasmesso nel suo locale le partite del campionato inglese con una scheda e un decoder di una pay-tv greca, al fine di aggirare il costoso abbonamento Sky (circa 700 sterline al mese, in base alla metratura del suo locale commerciale, contro le 800 sterline annue della soluzione greca). Lei però non si era arresa e aveva portato avanti la sua battaglia contro la Football Association Premier League (la Lega dei club che gestisce il campionato di calcio e commercializza i diritti di diffusione televisiva delle partite) davanti all’Alta Corte inglese, che si era rivolta alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. E la sentenza da questa emessa ha praticamente stabilito che non si possono più vendere i diritti tv su base territoriale, perché ciò è contrario al diritto di concorrenza all’interno dell’Ue: ”Una normativa che vieti l’importazione, la vendita o l’utilizzazione di schede di decodificazione straniere è contraria alla libera prestazione dei servizi” e non può essere giustificata né per ”tutelare i diritti di proprietà intellettuale””per incoraggiare l’affluenza del pubblico negli stadi”. Gli incontri sportivi, precisa inoltre la corte Europea, ”non possono essere considerati creazioni intellettuali proprie di un autore” e il divieto di utilizzare schede televisive straniere va ”al di là di quanto necessario per garantire un’adeguata remunerazione dei titolari di tali diritti”. Risultato: si potranno vedere le partite scegliendo liberamente fra un qualsiasi abbonamento di un paese europeo; questo concede al consumatore la possibilità di risparmiare, perché le tariffe fra gli abbonamenti o i prezzi delle singole partite degli operatori cambiano anche di parecchio fra i diversi paesi. Unica controindicazione: la telecronaca naturalmente è nella lingua dell’emittente cui ci si collega. Le leghe nazionali mantengono solo il diritto sui rispettivi loghi, il che comporta, ma solo per i locali pubblici, dover richiedere l’autorizzazione alla concessionaria di tali diritti.\r\n\r\n

Karen Murphy
\r\n\r\nE’ una sentenza di portata molto rilevante, una vera Bosman dei diritti tv, che potrebbe avere conseguenze importanti su un sistema calcio (a cominciare da quello italiano) che dalla vendita in esclusiva dei diritti televisivi ha ricavato proventi spesso decisivi per sostenersi. Sky e Mediaset, che si sono appena aggiudicate i diritti per i prossimi tre anni del nostro campionato, stanno già riflettendo. Un portavoce di Sky ha dichiarato: “Questa sentenza riguarda alcuni aspetti della vendita di diritti televisivi da parte di organizzazioni come la Premier League: avrà implicazioni su come queste organizzazioni struttureranno la vendita di questi diritti in Europa in futuro, implicazioni che come operatore televisivo stiamo analizzando con attenzione. Quello che questa sentenza non cambia in alcun modo è l’impegno di Sky a garantire ai nostri clienti programmi e contenuti della più alta qualità, sia che si tratti di nostre produzioni originali sia che si tratti di diritti acquistati sul mercato sulla base della loro disponibilità”. Così si è invece espresso, ai microfoni di Radio Manà Manà Sport’, in ‘C’è calcio per te’, Tullio Camiglieri, presidente di Open Gate: “Al momento questa decisione non cambia nulla. Saranno poi i giudici nazionali a dover recepire le indicazioni di Bruxelles. Ormai c’è un mercato illegale parallelo. Questa sentenza rischia di creare problemi alla Lega e alle società che vendono i diritti. Dall’estero arriva la maggior parte dei ricavi, rischiano di venire a mancare circa 80 milioni di euro. È una sentenza che mette in discussione il valore stesso dei diritti internazionali e ci potrebbero essere problemi anche per le Olimpiadi”.\r\n\r\nCredits: Ju29ro.com\r\nFracassi Enrico\r\n