L’appello alle nove e cinquanta, Prioreschi è al banco da venti minuti. Come il maturando più preparato, libri chiusi e testa piena. Un altro martedì nell’aula 216 passato a difendersi, per modo di dire.\r\nDi sua sponte Moggi spreca energie su Ceniti e il “filo nero” che lo unisce a Ranieri. Poi ricorda che è stato interrogato e per primo, mentre l’opinione pubblica e chi l’orienta gozzovigliavano.\r\nRicorda che gli aiuti servono a chi baratta Pirlo e Seedorf con Coco e Brncic. Ricorda che, Svizzera o Panama, se vuoi intercetti.\r\nParola all’avvocato, gliela passa Moggi, tra gli applausi di fuori aula e la Casoria che zittisce senza alterazione.\r\n\r\nSomari. Una confusione lunga cinque anni: il processo della stronzata al telefono che diventa capo di imputazione, perché Auricchio resiste dieci secondi con le cuffie e scrive di getto.\r\nLa combriccola romana, da batteria della futura banda, scade. Le ipotesi fanno dei giri immensi e poi ritornano a casa, le indagini si evolvono. De Santis è il boss che passa la dogana da latitante: non pentito, perché all’ultima ora riabbraccia San Luciano e la cupola.\r\nA Manfredi Martino chiedono la lista delle gare combinate. Non un se, sono di certo combinate per i pm. L’arbitro Nucini convocato per fare da garante al memoriale di Facchetti (senza firma). Nucini, che prima butta la scheda poi la ritrova; la da a Facchetti, anzi no, la usa. Una volta, due, memorizzando il numero poi dimenticato.\r\n\r\nImbroglioni. L’incoerenza tra Roma e Napoli. Baldini e Auricchio, illustri sconosciuti prima, poi noti di vista, infine collaboratori. Il ribaltone di Baldo, la promessa a Innocenzo e i nomi dei morituri fatti ad Attilio. Gli interrogatori di Collina, Paparesta e Copelli lunghi mezza giornata e verbalizzati in mezza pagina. Il guardialinee Coppola respinto dai Carabinieri, gli argomenti neri dei nerazzurri non interessano ad Auricchio e Di Laroni. Le telefonate di Facchetti non esistono, anzi sono sfuggite; i consulenti della difesa e qualche juventinovero le scoprono, facendo la veglia con le cuffie in testa.\r\nTrascrizioni e baffi, di diverso colore per diversa rilevanza. Il rosso fuoco ricorre per Facchetti e Moratti, il carabiniere di turno ha ascoltato e segnalato al superiore; qualche “farmacista” ha deciso di far sparire le meno confortevoli.\r\n\r\nPagliacci. Cartellini gialli fantasiosi nell’informativa: ammonizioni mai avvenute o avvenute per consentire alla Juve di vincere contro l’ostico Siena. Jankolowski squalificato contro la Juve per prevenzione: si era macchiato solo di un pugno in faccia la settimana precedente. La classifica ad hoc racconta che a giovare delle squalifiche avversarie sono altri.\r\nDesignatori distanti cinque metri tra loro, notai che certificano, giornalisti ignari. Eppure il sorteggio è truccato; colpi di tosse per scatenare l’inferno di foglietti leggibili e palline scalfite.\r\nIl venditore di sim svizzere fa i nomi dei clienti, ne segnano uno solo. Moggi compra le schede accompagnato e dice: “Segna, paga la Juve”. Nessun segreto, nessun delitto perfetto via cellulare. Calciomercato, o al massimo una griglia manco azzeccata.\r\n\r\nBuffoni. La verifica della persona nel luogo dove aggancia la sim avviene così: se l’arbitro è a Coverciano e la cella reagisce segnalano, se è a Coverciano e la cella non reagisce non segnalano. Moggi e Bertini, i contatti non corrispondono; se X chiama Y cinque volte, come può X avere cinque chiamate in uscita e Y dieci chiamate in entrata?\r\nPaparesta sequestrato nello spogliatoio. Anzi murato, perché la chiave l’aveva buttata. Ad Auricchio, non avendone una sua, basta la testa della conversazione: “volevo chiuderlo…” gli sfugge. Paparesta è quello che “torna venerdì”. A Moggi lo dice il padre Romeo, ma fallisce. Torna sabato.\r\nTre ore di arringa per cinque anni recitati da somari, imbroglioni, pagliacci e buffoni. La inutilizzabilità delle schede svizzere perché senza rogatoria internazionale, l’assoluzione di Moggi e la trasmissione alla Procura delle false testimonianze di Baldini, Nucini e Auricchio. Il fatto non sussiste. L’imbroglio si, ma è moribondo.\r\n\r\nDi Giacomo Scutiero