Calciopoli, la requisitoria del PM Narducci: la genesi e il calcioscommesse

Chi ha seguito qualche giorno fa la prima requisitoria del processo di Calciopoli (protagonista il PM Narducci, colui che non ha timore di mostrarsi in pubblico con il presidente dell’Inter) ha assistito all’ennesima puntata di un qualcosa che definirlo farsa, è quasi fargli un complimento. Dalla requisitoria nessuna menzione alle intercettazioni e agli eventi emersi negli ultimi cinque anni: tutto si è fermato al 2006 per Narducci, alle 40 telefonate di Moggi e ai tabellini (sbagliati) della Gazzetta. Emerge una ‘Soprannomopoli’ che secondo il PM era sintomo evidente di un’associazione… Per non parlare poi della solita chicca: Paparesta chiuso nello spogliatoio, evento archiviato da un tribunale, ma sempre verde per Narducci. Ecco il primo capitolo del viaggio nella requisitoria di Narducci, realizzato dall’amico Antonio Corsa per Uccellinodidelpiero.com.\r\n

Il discorso introduttivo della prima giornata della requisitoria di NARDUCCI, che ha conquistato le prime pagine dei giornali, è stata incentrata su un argomenti in realtà piuttosto vaghi e discorsivi sul come il calcio italiano abbia vissuto “episodi di illegalità” dagli anni ‘80 in poi. Vediamo di capire più nello specifico a cosa si riferisse il pm napoletano, e perchè il risultato finale è assai poco convincente. Bisogna fare un piccolo salto nel passato: assieme al collega BEATRICE, (due anni) prima ancora di far confluire le proprie indagini sulla persona di Luciano MOGGI e sostanzialmente sul suo presunto sistema di potere esercitato sul calcio, infatti, NARDUCCI si occupò di un giro di scommesse clandestine che vide coinvolte 5 squadre di Serie A (Chievo, Modena, Reggina, Sampdoria e Siena), alcune di prestigio di B (Venezia, Napoli, Como), allenatori come PAPADOPULO e DELNERI (quest’ultimo incorruttibile, ma pagò per omessa denuncia), dirigenti come SALERNO e TOSI e il presidente del Modena AMADEI. Sostanzialmente vi furono due personaggi chiave nell’inchiesta, che contribuirono a fare luce, almeno secondo l’accusa, sull’intera vicenda: il primo fu Salvatore AMBROSINO, centrocampista del Grosseto, il quale collaborò con i Pm e li aiutò a decifrare il linguaggio in codice (ci torneremo su questo argomento) utilizzato tra gli intercettati. Tra i vari soprannomi ascoltati, spuntarono fuori anche dei riferimenti ad alcuni arbitri, due in particolare: “l’uomo nero” Luca PALANCA e “il ciociaro” Marco GABRIELE, immediatamente sospesi dai designatori BERGAMO e PAIRETTO in attesa che potessero chiarire la propria posizione. E’ lo stesso AMBROSINO, in delle intercettazioni prima e dopo l’incontro Venezia-Messina, che si dice sicuro della vittoria della squadra “ospite” non tanto per una combine tra le due squadre, quanto perché “l’uomo nero” (appunto PALANCA) fosse legato al Messina di FABIANI. Gli inquirenti, a questo punto, interrogarono sia l’allenatore del Venezia GREGUCCI, sia soprattutto il suo presidente, Franco DAL CIN (il metodo è il solito: ascoltare le “presunte vittime” e dare loro credito a prescindere. Verrà utilizzato anche per Calciopoli). Quest’ultimo, in particolare, rivelò di aver ricevuto, prima della partita contestata, una telefonata da parte di tre colleghi (CELLINO, SPINELLI e ZAMPARINI) i quali gli rivelarono come non avesse chances contro i siciliani poiché l’arbitro fosse dei “loro”. Poco importa che i tre fossero tutti in lotta per la promozione col Messina, a quel punto della stagione, e che quindi potessero cadere nella tentazione di lasciarsi andare a malignità interessate o a paranoie: DAL CIN lo riferì nel giugno del 2004 sia alla giustizia sportiva sia alla procura di Napoli, confermando come “l’opinione condivisa dalla maggior parte dei miei colleghi è che la società calcio del Messina sia stata in diverse occasioni agevolata allorquando gli incontri da questa disputati erano diretti da un gruppo di arbitri facenti parte della cosiddetta combriccola romana“. La prova? Un si dice, letterale. Ma evidentemente basta. I Pm hanno una pista, un link arbitri “amici”/GEA/Famiglia MOGGI, che non abbandoneranno più. E’ a questo che, nel discorso introduttivo, si riferisce NARDUCCI quando parla “calcioscommesse” e di “episodi di corruzione”. E nomina proprio i due arbitri, PALANCA e GABRIELE, nel discorso introduttivo. C’è un solo problema: nessuno dei due nè FABIANI sono stati condannati per eventuali reati commessi, nè in quel processo nè in quello GEA. Non solo: anche a voler allargare il campo, la posizione di PALANCA è stata archiviata dal GUP De Gregorio, mentre GABRIELE (nonostante la richiesta di 2 anni di pena dei Pm) è stato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto nel procedimento parallelo con rito abbreviato, nel quale si evince pure come i discorsi di DAL CIN (ribaditi da CELLINO) fossero “non significativi” e “da non prendere in considerazione…” (così è scritto nelle motivazioni). Bel discorso “mediatico”, perciò, ma mancano i fatti, e questa sarà una costante, come vedremo. Non solo: quello che è emerso ad esempio proprio con GABRIELE – e vale la pena aprire una piccola parentesi – è come i Pm vadano avanti per la loro strada nonostante quanto provato successivamente smonti le loro tesi. Facciamo un piccolo salto, ma utile, nel processo con rito abbreviato (qui potete leggere l’articolo completo sulla vicenda). La procura di Napoli ad ogni modo, in sintesi, accusa GABRIELE e BERGAMO di aver avuto una conversazione “svizzera” prima di un Roma-Juventus. Nonostante GABRIELE riesca a provare (per sua fortuna, conservandolo ad anni di distanza) come ricevette un sms, durante la partita, sul telefonino italiano (quello che usava da decenni) e non su un “mai avuto” cellulare svizzero, i Pm non incassano, ma anzi continuano imperterriti, sostenendo l’uso di schede riservate proprio durante quella partita. Non hanno basato l’accusa di frode sportiva solo per il presunto cellulare svizzero utilizzato, ma comunque hanno continuato a darvi peso nelle richieste di condanna tanto che il giudice è costretto, nelle motivazioni, a rilevare non solo come si fosse già accertato il contrario, ma persino come l’sms (italiano) ritrovato fosse “discolpante” è “contrario alle tesi dell’accusa” (Bergamo avvisa che il gol della Juventus nel primo tempo fosse in fuorigioco). Non un passo indietro, perciò, mai. Nemmeno dinanzi all’evidenza. E non lo farà neanche nel resto della requisitoria. Un atteggiamento, questo, che ha lasciato senza parole gli avvocati difensori e che farà discutere.