La lettera del tifoso Antonio: “Moggi condannato due volte per lo stesso fatto. Non esiste!”

In Italia succedono talmente tante cose strane che non dovrei più stupirmi. Tuttavia, il senso di sbigottimento, questa volta, è persino più grande di quello provato leggendo le sentenze sportive di calciopoli. Moggi nel 2006 viene condannato a cinque anni di squalifica. Dopo averli scontati tutti viene radiato. Perché? Secondo quale principio giuridico? È come essere condannati a trenta anni di reclusione e dopo aver scontato la pena venire nuovamente e per gli stessi fatti condannati all’ergastolo. Cosa è successo nel frattempo? Niente, anzi no, qualcosa è accaduto. Nel processo di Napoli sono emerse prove a discolpa degli imputati. In ogni caso, è venuto fuori che tutti i dirigenti avevano rapporti con il mondo arbitrale. Non capisco, sarà sicuramente per evidenti limiti del sottoscritto. Aspetto, comunque e con ansia, le motivazioni della sentenza, perché se in questi cinque anni non è intervenuto alcun fatto nuovo che giustifichi tale condanna, allora siamo nel campo dell’assurdo e dell’arbitrario. Sui banchi dell’Università ho imparato cosa sia il principio del ne bis in idem: l’obbligo per i giudici di un futuro processo di astenersi dal decidere sullo stesso oggetto e sugli stessi fatti in modo da impedire qualsiasi nuovo giudizio de eadem re, come si suol dire. In altre parole, l’imputato prosciolto o condannato con sentenza divenuta irrevocabile non può essere di nuovo sottoposto a procedimento per il medesimo fatto. Nel caso di Moggi, Giraudo e Mazzini è stato fatto esattamente il contrario, per di più dopo aver scontato la pena. È vero, siamo propria una repubblica delle banane. Anzi, no, come diceva qualcuno, nel nostro Paese non ci sono nemmeno banane, ci sono soltanto i fichi d’India.\r\n\r\nAntonio