Irlanda-Italia, Trapattoni: “noi irlandesi gente tosta”

trapattoni“Noi irlandesi siamo gente tosta e quando si rischia di affogare siamo bravi a tenere sempre la testa fuori dall’acqua”. A guardarlo sui manifesti affissi per Dublino, dove compare colorato di verde come Shrek e con un solo messaggio – «hope», speranza – o più ancora sulla pubblicità di un quotidiano in cui si presenta con la coppola, Giovanni Trapattoni da Cusano Milanino non è esattamente il prototipo dell’irlandese che con divertita ruffianeria ha scoperto all’improvviso di essere. Lui è fatto così. Parla un «grammelot» di anglosassone e padano («I have win not because I am simpatisc») e affascina gli uditori proiettando l’immagine di un futuro radioso: «Ringrazio – dice – la Federazione irlandese che mi ha prolungato il contratto per altre due stagioni. Così ha riconosciuto che abbiamo messo le basi per qualcosa di importante che accadrà nei prossimi anni, con i molti giovani che abbiamo lanciato».\r\nPerò il futuro più prossimo, questa sera, non sarà probabilmente molto epico. L’Irlanda ha 4 punti di distacco dall’Italia e 5 di vantaggio sulla Bulgaria. Può svenarsi nel tentativo di vincere per soffiare agli azzurri la qualificazione diretta, ma con il rischio di esporsi e di perdere la certezza degli spareggi. In queste situazioni il Trap non ha mai fatto l’incendiario semmai l’amministratore. «Tra il niente e il piuttosto, meglio il piuttosto», è una delle sue frasi più celebri. Perciò non stupisce che oggi pensi che «anche un punto andrebbe bene. Ci garantirebbe il 2º posto e poi mi sembra difficile che i campioni del mondo perdano con noi e non vincano mercoledì contro Cipro. Comunque io dei play-off non ho paura». Con la saggezza dei 70 anni il Giuan tiene aperta la porta degli spareggi, dove è convinto di potersela giocare. Con Capello e Lippi sarebbe il terzo allenatore italiano al Mondiale, un record.\r\n«Perché vorrei battere l’Italia? – ha replicato a un irlandese -. Perché sarebbe prestigioso e non mi sentirei un traditore. Lei quando gioca a carte contro un amico cerca di batterlo o preferisce prenderle?». Con Tardelli e Liam Brady è un pezzo di vecchia Juve che ha messo belle radici nell’isola di San Patrizio e la gente apprezza questo nonno del calcio che sente vicino ai propri sentimenti, forti e popolari. Come la storia di Croke Park, dove l’Italia gioca per la prima e ultima volta. E’ un posto che può esistere solo qui: un impianto costruito a ferro di cavallo con il lato sopra la vecchia stazione ferroviaria che si chiama Hill 16 perché era una montagnola messa su con le macerie degli edifici distrutti dagli inglesi per reprimere la rivolta repubblicana del 1916.\r\nQuel nome è diventato un film, come un film e una canzone degli U2 presero spunto dal «Bloody Sunday», la domenica insanguinata del 1920, mentre si giocava Dublino-Tipperary di calcio gaelico. Per rappresaglia la polizia inglese uccise 12 tifosi più il capitano del Tipperary. Da quel giorno gli irlandesi stabilirono la regola 42: il Croke Park chiuso al football, al cricket e al rugby e aperto soltanto agli sport della tradizione, cioè il calcio gaelico e l’hurling, una specie di hockey su prato. Pochi anni fa venne strappata una deroga: finché lo stadio di Lansdowne Road non sarà risistemato si può ospitare sporadicamente il calcio e il rugby ma tra un anno si tornerà all’antico. E il Trap sarà ancora qui «con i miei problemi da risolvere – dice -, così come li ha Lippi. Lo scocciano con Cassano? A me successe con Baggio nel 2002 ma è giusto che lui scelga come vuole, anche se io portai Cassano in Nazionale da giovane e mi sembrava che fosse il momento giusto. Mi diede delle soddisfazioni: segnò e fece segnare».\r\nCredits: La Stampa\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it