Gelo tra Mourinho e Moratti: il patron non digerisce l’umiliazione del Nou Camp

mourinho«Non l’abbiamo mai presa». Ha masticato amaro Massimo Moratti lasciando il Camp Nou. Deluso, anzi furibondo per una figuraccia che proprio non si aspettava. C’era lui là in tribuna, sul palco presidenziale, in mezzo a tutto il direttivo del Barcellona, fianco a fianco con l’amico Laporta. Ha provato imbarazzo dopo gli iniziali 45’. E forse, per la prima volta da quando è presidente, ha avuto anche la tentazione di lasciare lo stadio a gara in corso. In Champions, era il suo esordio stagionale lontano da San Siro. Non a caso: credeva nell’impresa, per questo era piombato a Barcellona martedì pomeriggio. Un ottimismo manifestato anche nei minuti immediatamente precedenti la gara, a bordo campo, chiacchierando con amici e giornalisti. Progetto che non decolla Ne è uscita invece una serata da dimenticare, da incubo. Tecnicamente, un passo indietro che non può lasciare indifferenti i vertici di corso Vittorio Emanuele. Carenza di gioco, di personalità e un evidente complesso di inferiorità nei confronti dei top-team. Durante la gestione Mourinho, quattro gare fra Manchester United e Barcellona: zero vittorie, zero gol segnati,\r\ndue sconfitte, altrettanti 0-0. Di fatto, dopo un anno e mezzo, non è ancora nemmeno decollato il «progetto europeo» del tecnico portoghese. Le convinzioni di Moratti E sono piaciute poco anche alcune esternazioni nel dopo partita. «Siamo una squadra che, come profilo di giocatori, fa fatica a giocare due partite in tre giorni —ha detto Mou—. Se qualcuno ha pensato che siamo all’altezza del Barça come qualità individuale e di squadra, credo sbagli». Moratti è invece convinto del contrario. Giudica altamente competitiva la rosa nerazzurra, all’altezza proprio dei migliori club del mondo («Dani Alves non è la riserva di Maicon nel Brasile?», avrebbe detto ad alcuni amici), e considerava poi assolutamente abbordabile un Barcellona privo di Messi e Ibrahimovic. Insomma, il dito del presidente sembra\r\npuntato soprattutto sulla mancanza di gioco (almeno in Europa) da parte di una squadra allestita a suon di milioni,\r\npiena zeppadi campioni, nazionali dei Paesi calcisticamente più importanti, guidati oltretutto da chi è pagato da assoluto numero uno delle panchine.\r\n(Credits: Gazzetta dello Sport)