Baldini: “La Juve della Triade abusava di potere, Elkann mi voleva”

ROMA, 28 settembre 2012 – Intervistato a tutto campo dal collega de “La Stampa” di Torino Guido Boffo, il direttore generale della Roma Franco Baldini alla vigilia del big-match tra Juve e Roma. Così Baldini sul presunto carattere poco “zemaniano” della Roma: «Dategli tempo. E poi c’è Totti: lui non ha le caratteristiche della punta tipica del tridente di Zeman. Quindi complimenti all’allenatore che sta valorizzando un giocatore formidabile, anche a costo di rivedere il proprio credo». Baldini parla poi del rapporto Zeman vs Juve e se l’astio tra il tecnico boemo e la società bianconera possa essere riconducibile anche ai rapporti tra le due società: «Non è Zeman che fa le battaglie. È Zeman a essere cercato perché possa dire qualcosa che somigli a un grido di battaglia». Così Baldini poi sulla posizione di Antonio Conte: «Dico che i regolamenti vanno rispettati. Se consentono a Conte di allenare durante la settimana, allora alleni. A bocce ferme, si potrà discutere se certe norme meritino di essere cambiate».

Il Dg dei giallorossi si sofferma anche su “possibili scorie” che Calciopoli ha potuto lasciare nei rapporti tra la sua figura e quella della Juve: «I rapporti sono buoni, non è un segreto che anni fa la proprietà (John Elkann) mi abbia persino chiamato. In passato i miei problemi con chi rappresentava quella Juve nascevano da uno stato d’animo di ribellione contro l’arroganza e l’abuso di potere. Mi hanno persino tolto il piacere di tifare per una squadra italiana nelle Coppe». E sul diniego della proposta bianconera ecco la tesi di Baldini: «Perché ero la persona sbagliata nel posto sbagliato. Per 4-5 anni ci siamo scontrati in Lega Calcio sui diritti tv, loro li volevano soggettivi, la Roma di Sensi, la mia Roma, era per la collettivizzazione. Lavorare per la Juve significava ammettere che in tutti quegli anni avevo detto solo stupidaggini».

Una battuta anche sulla gestione del presidente Andrea Agnelli: «Vincente. Da noi, più che altrove, chi vince ha sempre ragione. Ed è un peccato perché tra le pieghe di un mancato successo si perdono di vista tante cose interessanti. Ad esempio il tentativo di portare un contributo alla cultura sportiva di questo Paese, una cultura che non esiste».