Alla Juve non si deve solo lavorare. Si deve vincere

“Non respingere le critiche, usale per migliorarti”, diceva un saggio. Sembra, invece, che il tecnico della Juventus, Gigi Del Neri, non riesca a fare tesoro degli errori e delle osservazioni critiche mossegli dall’ambiente e dai media. Il nervosismo lo pervade, e non perde occasione (durante conferenze stampa o interviste flash) per lasciar trasparire tutto il suo starsi stretto dentro un incarico che mai più nella vita gli capiterà nuovamente. Sempre più convinto di riuscire a dimostrare che la Juventus per quel poco che ha fatto bene è stato solo per merito suo (e di nessun altro, soprattutto non di Del Piero), è finito per cadere nell’ “io so cap’ tost” del Ferrara dello scorso anno. Al di là dell’organico, di certo non all’altezza di competere con i primi della classe, Del Neri è riuscito fare peggio di sé stesso se solo avesse dato ascolto a a qualche semplice consiglio. Ha colto nel segno, a mio avviso, Tony Damascelli nel suo pezzo di oggi per ‘Il Giornale’ che trovate di seguito: Del Neri continua a dire che aver lavorato bene, ma alla Juventus non si viene solo per lavorare, bensì per vincere. Lo capirà mai il tecnico di Aquileia? Lo capirà mai Beppe Marotta, che di quel ‘sano lavoro’ ne ha fatto praticamente la bandiera stagionale?\r\n

La stazione Juventus è affollata. Gente che va, gente che viene. Quale altra squadra dispone di sei attaccanti, nessuno dei quali è sicuro di restare, rientrare, riuscire? Toni? Quagliarella? Matri? Iaquinta? Amauri? E gli stipendi di questi signori chi li ha garantiti? Quale altra squadra ha un allenatore che potrebbe essere confermato per mancanza di idee e di coraggio altrui? Quale altra società confermerebbe l’attuale staff tecnico e dirigenziale dopo una stagione così goffa? Quale altra società avrebbe confermato il salario e dunque il posto di lavoro a un dirigente, il francese Blanc Jean Claude, che ha portato il bilancio del club a un indebitamento così pesante?\r\n\r\nE’ la Juventus di oggi, è la Juventus di questi ultimi cinque anni, sembra un disco rotto ma è la zanzara che molesta le notti e i giorni dei tifosi e che non sembra disturbare le persone e i personaggi che gestiscono le cose bianconere. Gino Delneri è un professionista serio, è un uomo per bene, non spaccia football ma ha capito, in ritardo e non per responsabilità esclusivamente sue, che l’ambiente juventino ha storia e non cronaca, ha tradizioni e non chiacchiere, ha, insomma, dei doveri da rispettare, almeno per l’estetica. Le sue colpe, tecniche, sono evidenti, manifestate anche nell’ultima esibizione parrocchiale contro il Catania. Se Del Piero è la chiave di lettura di questa crisi, significa che la truppa di calciatori acquistati la scorsa estate, e propagandata da Marotta Giuseppe, è roba piccola che ha gonfiato le tasche dei procuratori e dei club di riferimento non certo il livello della Juventus. Delneri non si è reso conto in tempo utile che una cosa è “lavorare” un’altra leggere e reggere la pressione di un secolo bianconero, laddove bastava una sola voce, quella della società, degli Agnelli, di Boniperti o dei due componenti della triade, Giraudo e Moggi, non certo del cerchiobottista Bettega, per affrontare i momenti difficili.\r\n\r\nAlla stazione juventina sono ammessi e concessi tutti i tipi di intervento, parla Buffon, riparla Chiellini, interviene Del Piero, si esprime Aquilani, Melo dice, Storari lamenta e poi Blanc, quello del bilancio a ramengo, propaganda lo stadio, come fosse idea sua, e Marotta annuncia che arriveranno calciatori “di qualità”, confessando, con umorismo involontario, che gli attuali bianconeri sono soltanto personale viaggiante, comparse.\r\n\r\nLa Juventus ha due punti in più rispetto all’anno scorso, è settima in classifica ma ha il Palermo che sta rimontando alle spalle, rischia di restare fuori da tutto, come accadde ai tempi illuminati di Montezemolo. Non voglio ricordare per l’ennesima volta che cosa fece allora Gianni Agnelli, sarebbe inutile. Radio mercato fa i nomi di Mancini e di Spalletti per incominciare un’altra storia (ma nessuno osa proporre, chissà perché, un nuovo direttore generale), mentre Lippi ha fatto sapere di essere stato lui l’ispiratore dell’assunzione di Ranieri. Resta misteriosa l’identità del killer dello stesso allenatore romano, fatto fuori a due giornate dal termine. Lo stesso Lippi ha detto che il suo ruolo all’interno della Juventus non sarebbe stato quello di allenatore. Forse dirigente, come promesso a Cannavaro, come fatto intravedere a Del Piero, come detto a Chiellini o a Buffon. La confusione regna sovrana. La stazione è sempre affollata. Ma nessuno si è accorto che il treno è su un binario morto.